sabato 29 aprile 2023

La sopravvissuta del 19 luglio 1943

Andiamo indietro di 80 anni, al 19 luglio 1943, il bombardamento di San Lorenzo. 

Le bombe caddero in una area molto vasta lì intorno, fino al Pigneto a Via Brancaleone 16. 

In quella casa, bassa, a due piani, che era attaccata ad un'altra piccola palazzina, abitava mia mamma, con la madre, la nonna e il fratello Mario. Mio nonno era un emigrante e lavorava in Germania. 

Per tanti anni di questa storia abbiamo avuto solo dei brandelli, tanta era la sofferenza nel ricordare. Diversi anni fa uscì un libro, Noi di Walter Veltroni, dove c'era una ricostruzione molto dettagliata e toccante di quella terribile giornata. Nessuno lo ha fatto leggere a mamma. 

Eppure dopo 80 anni, prossima al suo novantesimo compleanno, come se il tempo avesse finalmente, se non cancellato, ma almeno lenito questa terribile ferita, mia mamma ci ha raccontato con particolari quel giorno, il prima e il dopo, e ho raccolto le testimonianze, sue e di mio papà, in vari filmati. Nei tre minuti circa di questo video è il giorno fatale che ha impedito, a me e mio fratello, di avere uno zio, forse delle cugine e dei cugini.  

https://www.youtube.com/watch?v=DXJyzRljfL4 

Bisogna alzare il volume. 

E' il giorno in cui il bambino di nome Mario, di anni 12, abitante in via Brancaleone 16, capelli biondi, pantaloncini bianchi e casacca blu, sparisce all'improvviso dal mondo, inghiottito da un boato e una nuvola nera di calcinacci, quando il cielo si fa notte verso le 11 in una mattinata di luglio. 

"La sera prima si era dormito poco perché il cielo era illuminato dai bengala" ha detto mamma. Per questo si erano alzati tardi. Si stavano preparando a lasciare Roma. 

I due edifici erano attaccati e il fratello era andato da un amico, omonimo, a restituire dei giornaletti, dalla parte sbagliata della storia. Suona l'allarme e mamma lo va a cercare per dirgli di tornare subito a casa. Ma in quel momento cade la bomba e una metà dei due palazzi crolla, seppellendo tante persone, forse 27 dice lei. 

Rimane appesa alla grondaia di separazione, finché non la vengono a prendere e vive quell'inferno durato ore di fumo nero, boati, crolli, qualcosa che noi oggi non possiamo nemmeno immaginare. 

Se questa storia mi tocca profondamente perché, sebbene attutita dal tempo, è parte della storia della mia famiglia, credo che tocchi chiunque la ascolti se pensa che proprio ieri sono morti diversi bambini sotto un bombardamento in Ucraina. 

Ma la bomba non uccide solo loro, strazia i sopravvissuti, anche dopo molto tempo. 

Non conoscevo nemmeno l'esistenza di questa foto. Tale è stato per 80 anni il riserbo su tale storia. Penso sia utile diffonderla però, per chi pensa che le guerre siano giocare a Risiko e non vede la sofferenza delle persone. 


sabato 18 febbraio 2023

Chi salva la memoria salva il mondo

 Sono stato a vedere la mostra "Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra". La mostra è certo interessante, c'è qualche opera più famosa, tutte comunque belle. Ci sono dei bronzi che Goring aveva rubato alla Villa dei Papiri di Ercolano, solo quelli varrebbero il biglietto. 

Ma più che le opere mi hanno colpito le storie, storie di persone che hanno rischiato la propria vita per mettere al sicuro il bello del nostro patrimonio culturale. 

Il mondo è pieno di invisibili che lo salvano ogni giorno, a cui nessuno dedica nemmeno un pensiero. Quando poi c'è una guerra l'egoismo e la paura trovano sicuro albergo in molti cuori, come in quelli dei vicini di casa di Anna Frank. 

Eppure anche nei momenti più bui esistono i Perlasca, gli Schindler, gli Angela, i Borromeo

Ecco questa mostra non è tanto sulle opere d'arte ma sulle persone che le hanno salvate. Per esempio, chi conosceva Pasquale Rotondi? Eppure questo signore ha messo in salvo 10.000 opere d'arte! Molte nascoste nella Rocca di Sassocorvaro. 

Ed Emilio Lavagnino, Fernanda Wittgens, Noemi Gabrielli, Palma Bugarelli, Jole Bovio Marconi solo per citarne alcuni?


Sono storie affascinanti. Mentre il mondo intorno crolla, queste persone, con mezzi di fortuna, delle volte addirittura portando un pezzo per volta in bicicletta, sfidando i bombardamenti e i rastrellamenti, hanno messo al sicuro il nostro patrimonio artistico. 

E quello che non si poteva spostare, gli edifici per esempio, lo hanno protetto con sacchetti di sabbia, con opere murarie di rinforzo, per reggere alle onde d'urto dei bombardamenti. 

Sono state e stati sacerdoti laici di una religione chiamata cultura. 

E la riflessione che si fa vedendo la mostra è che la cultura, le opere d'arte, sono la nostra memoria. L'Alzheimer è la peggiore delle malattie, in quanto i malati perdono la loro. Senza la nostra memoria siamo senza identità.

Dunque più che una mostra sull'arte salvata a me è piaciuta la parte sui salvatori e su tutte quelle opere messe in campo per proteggere la nostra memoria dalla follia della guerra. Credo che abbiano pensato che il bello ci avrebbe redenti da una era così buia. Io ci spero ancora...



sabato 14 gennaio 2023

Un angolo di prato molto particolare

 A molti il dipinto di Van Gogh detto "Angolo di Prato" in italiano, o "Patch of Grass" in inglese, non dirà molto. 

Eppure ha una storia molto particolare, che in qualche modo incrocia la mia. E lo ha fatto anche oggi. 

E' stato dipinto tre anni prima della morte dell'artista, in uno dei suoi rari momenti di felicità, quando era a Parigi ospite dal fratello Theo. 

Ora visto così è un bel prato fiorito ma, come spesso accadde per gli artisti in bolletta, una tela non si spreca mai. E così messo sotto i raggi X ha mostrato un volto di donna realizzato in una stesura precedente. 

Come si vede non si riesce a capire molto. Bisogna tenere presente che per ridipingere sopra una tela di solito si usa mettere una bella mano di bianco, un colore che è a base di piombo, un materiale non molto trasparente ai raggi X. 

Però alcuni ricercatori (Dik, Joris, et al. "Visualization of a lost painting by Vincent van Gogh using synchrotron radiation based X-ray fluorescence elemental mapping." Analytical chemistry 80.16 (2008): 6436-6442)  lo hanno esposto alla radiazione X proveniente da un sincrotrone, un acceleratore di particelle circolare. 

Questa radiazione è almeno 10 ordini di grandezza più brillante di quella di un normale tubo a raggi X. 

Hanno creato un piccolo pennellino di raggi X che hanno mosso punto punto sul dipinto. Quindi hanno raccolto la radiazione con una tecnica che si chiama fluorescenza a raggi X. In ogni punto. E hanno identificato la composizione di ogni punto della figura femminile. Sapendo che il mercurio è alla base del colore rosso e l'antimonio del giallo Napoli per esempio, sono riusciti addirittura a risalire ai colori originali. 

Un risultato eccezionale, se pensiamo che si tratta di una tela su cui è stato dipinto un altro quadro 230 anni fa! 

Questa storia mi è nota perché è un esempio che faccio sempre ai miei studenti del corso di Acceleratori di Particelle, in merito alle applicazioni degli acceleratori. 

Ignoro in quale collezione sia "Patch of Grass", che probabilmente rimane una opera minore di Van Gogh. 

E mai avrei pensato di incontrarla oggi alla mostra che c'è a Roma. 

E' stato un momento emozionante, perché questo quadro ha una storia che interseca non solo l'arte ma anche la scienza. E particolarmente il mio campo di studio. 

Mi è solo spiaciuto che questa storia fosse nota solo a me. C'è in effetti una piccola didascalia che dice che c'è un altro dipinto sotto, ma senza spiegare l'incredibile risultato che è stato ottenuto. 

Molti pensano alla fisica, e alla scienza in generale visto che qua c'è di mezzo anche la chimica, come qualcosa di molto astratto che indaga solo i principi primi. 

Lo fa, ma ci sono innumerevoli applicazioni della scienza che molti non vedono, non sanno, in tantissimi campi e in molti casi rendono la nostra vita migliore, più sana e più lunga. 

E oggi questo incontro con "Patch of Grass" me lo ha ricordato ancora una volta. E' stato emozionante. 









sabato 21 maggio 2022

Presidente, posso scattarle una foto?

Apro una scatola ed esce una foto di Pertini. Ma non una delle tante foto del presidente, ma la foto che ho scattato io 40 anni fa. Insieme riaffiora il ricordo della giornata. 

Era un pomeriggio soleggiato sul monte Pana, sulle Dolomiti in Val Gardena. Io ero impegnato in un severo percorso di minigolf con il babbo, quando all'improvviso un elicottero dei carabinieri si avvicina e atterra proprio nel prato antistante l'albergo che gestiva il minigolf. 

E chi scende? Un grande amante della montagna, il presidente Sandro Pertini. Lasciate le mazze da minigolf corriamo come tutti per vederlo da vicino. 

Ma ovviamente è assolutamente impossibile avvicinarsi perchè ci sono dei carabinieri in borghese che proteggono la privacy e la sicurezza del nostro capo dello stato. 

Che cos'è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d'occhio e velocità d'esecuzione.

Chiedo a mio padre la sua Kodak Instamatic 133 (che ho conservato per inciso), una macchinetta economica assolutamente monolitica. Quindi approfittando del fatto che le guardie avevano appena fermato un ragazzo che si stava avvicinando al tavolo di Pertini, e probabilmente del fatto che fossi un mingherlino dodicenne che forse non avrebbe rappresentato un grande pericolo, arrivo fino a lui. 

Allungo la mano e dico qualcosa, non ricordo esattamente cosa, ma di entusiastico, come sono io, come sono sempre stato. Non mi sono mai piaciuti i tiepidi. Qualcosa tipo "Presidente lei è una cannonata". E senza soluzione di continuità subito dopo: "le posso scattare una foto?".

La sua risposta però la ricordo benissimo, affettuosa, paterna, generosa: "Fai, Fai pure caro". Come si vede dalla foto si mette anche in posa. Saluto e scappo via. 

Ovviamente per i miei genitori è stato un problema convincere un ragazzino piccolo a lavarsi la mano che aveva stretto quella del presidente, un ragazzino che volava sopra una nuvola e ripeteva: "ho dato la mano al presidente, ho dato la mano al presidente". Alla fine ho dovuto capitolare, ma credo sia stato il giorno dopo. 

La grande sorpresa è stato vedere la foto sviluppata. Le foto allora non erano gran cosa, soprattutto con questi mezzi. Ed invece, con grande sorpresa di tutti, era venuta una foto decente. 

Oggi che la riguardo vedo un uomo gentile, che amava moltissimo i giovani, e che aveva avuto la carineria di regalarmi un sorriso e un ricordo così. 

domenica 8 maggio 2022

Merci Gilles

 Sono passati 40 anni dall'incidente di Zolder. Ci sono giorni della vita in cui ricordi tutto, anche dopo tanti anni. Ricordi cosa facevi e dove stavi. Momenti cristallizzati da un evento. 

Ricordo quel sabato pomeriggio e la notizia della morte di Villeneuve, le immagini strazianti della sua Ferrari distrutta, del suo corpo schizzato via sulle reti di protezione. Incidente che allora con quelle macchine fu mortale, ma uno molto simile nel 2010 a Mark Webber nell'European Grand Prix fu praticamente senza conseguenze. 

Se seguo la Formula 1, se amo la Formula 1, se sono un grande tifoso della Ferrari lo devo a lui. Ero bambino e vedevo questo signore dall'aria schiva, timido, piccolo nel suo 1.68 di statura eppure così incredibilmente coraggioso, ardimentoso, senza paura. Penso che per un bambino piccolo le paure siano il nemico più grande da affrontare, e lui era il campione dei senza paura. 

L'alettone rotto in Canada nel 1981 che gli ostruiva la visuale sotto la pioggia e che non gli impedì di arrivare terzo, l'assurdo giro su tre ruote in Olanda nel 1979, e soprattutto l'incredibile duello con Arnoux a Digione nello stesso anno, sono stati tutti eventi che ci hanno portato ad amarlo. 

Tra parentesi oggi duelli del genere sono rari, visto che c'è una certa tendenza a buttarsi fuori, tipo Prost su Senna a Suzuka 1989, Senna su Prost, sempre Suzuka ma nel 1990, Schumacher quando tentò a Jerez nel 1997 di fare fuori Jaques Villeneuve, ma anche in tempi più recenti il duello tra Hamilton e Verstappen con alcuni contatti oltre il limite, forse uno dei più pericolosi a Monza nel 2021. 

Non era un calcolatore come un Lauda o un Prost, non avrebbe mai vinto mondiali come Senna o Schumacher, ma era vero, era adrenalina pura. 

Come Marylin non è mai invecchiato ed è entrato nella legenda. Sulla pista del Gran Premio del Canada c'è scritto "Salut Gilles", sarebbero stato meglio se ci fosse stato "Merci Gilles".

venerdì 4 marzo 2022

La scienza è un ponte non un muro

 Si moltiplicano in questi giorni le dichiarazioni delle agenzie nazionali, enti di ricerca, università, ministeri, sulla sospensione, revoca o arresto dei programmi di ricerca congiunti con istituti e scienziati russi. 

Facciamo chiarezza. Trovo l'invasione della Ucraina una cosa atroce, trovo Putin uno spietato dittatore e che questa guerra sia ingiustificata e ingiustificabile. Non c'è dubbio che lui sia responsabile di crimini contro l'umanità. E temo che il peggio debba ancora venire.

Però. Nel 1919 il Consiglio Internazionale delle Ricerche (appena nato) decise di escludere gli scienziati tedeschi e austriaci dalle proprie commissioni e riunioni e progetti. Negli anni '20 la sensibilità di questo gesto controproducente fu messa in discussione in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, e nel 1926 il Consiglio fu convinto a riaprire le porte ai tedeschi che, feriti dal precedente attacco, non accettarono l'invito, mentre la Germania divenne ancora più nazionalista e isolazionista. (Fonte: Philip Ball "Serving the Reich: The Struggle for the Soul of Physics under Hitler").


The Synchrotron Light for Experimental Science and Applications in the Middle East (SESAME) ha come membri fondatori paesi tipo: Giordania, Bahrain, Cipro, Egitto, Iran, Israele, Pakistan, Autorità Palestinese e Turchia. 

Alcuni di loro hanno pessime relazioni diplomatiche e di tanto in tanto combattono. Eppure là collaborano sempre tutti insieme.

La scienza è un ponte, non un muro. 

L'esclusione degli scienziati russi, e più in generale della cultura russa, non è la risposta giusta secondo me.

I giovani ricercatori russi vengono in Europa e sperimentano la libertà di parola e di informazione. Se vogliamo che la Russia cambi da regime tirannico a regime democratico, dobbiamo collaborare, scambiare persone, dobbiamo aiutare a gettare i semi della democrazia usando la scienza e la cultura.

Includere, non escludere dovrebbe essere il nostro obiettivo.

domenica 30 gennaio 2022

Gli occhi degli altri

Sono rimasto molto colpito dalla storia del fotografo svizzero  René Robert, 85 anni, deceduto per ipotermia in una strada centrale di Parigi, dopo che era stato colpito da un malore e che per nove ore era rimasto sul marciapiede, senza che nessuno si accorgesse che era solo una persona che aveva avuto un problema. 

Questo capita perché nel nostro mondo e nella nostra cultura è stato abolito il concetto di essere umano. Non si è una persona, si è un migrante, non si è un uomo a terra, si è un clochard. 

E' l'avere spinto ai suoi limiti l'etica calvinista, in cui quanto si possiede è frutto della benevolenza di Dio, e chi non possiede,  è colpevole del suo destino. Sei straniero perché pezzente, se fossi ricco saresti sempre il benvenuto.

Questo è scambiare il ruolo per la persona. C'è una certa deferenza innata che viene dai soldi, dalla posizione, dal lavoro che si svolge. Ma non tiene conto di altri parametri fondamentali. 

Se uno dice che fa l'operatore ecologico poggia senza dubbio peggio di ingegnere. Eppure non ci dovrebbe essere una connotazione morale nel lavoro. Chi me lo dice che un avvocato è una persona migliore, più buona, più utile alla società, di un operaio? 

Il bidello in una scuola può essere ugualmente utile e importante di un professore. E in ultima analisi, come andrebbe avanti il nostro mondo se non vi fossero persone che fanno quei lavori che si chiamano di servizio? Devo moltissimo a coloro che hanno il banco al mercato e si svegliano in piena notte per permettermi di avere della frutta e della verdura fresca di qualità. 

Lo stesso atteggiamento prevenuto lo teniamo verso i giovani. Noi vediamo quello che sono, non ciò che potrebbero essere. E' ovvio che nell'istante in cui sono giovani hanno tanto da imparare, da sperimentare, da sbagliare. Ma ci dimentichiamo che sono anche cellule staminali che possono poi crescere e diventare delle persone in gamba, che rendano questo mondo migliore e che superino quei pregiudizi che la nostra generazione non è stata in grado di abbattere. 

Se guardiamo il mondo con gli occhiali della presunzione, misurando le persone secondo un metro del successo o del denaro, avremo creato albergo nel nostro animo per il peggiore dei nemici dell'umanità: l'indifferenza.