giovedì 31 marzo 2011

noi credevamo...

Vorrei gridare all'eresia. Ma come si fa a raccontare una storia così bella e importante come il risorgimento  con un film così lento, noioso e cupo come "Noi credevamo"?

Noi credevamo fosse un film, invece è il solito lavoro intellettuale che non scalda mai lo spettatore. Nonostante le vicende tragiche dei protagonisti non ci si sente mai partecipi. Anzi...

Mazzini passa per un mezzo boss mafioso, sanguinario e spietato, un imbecille e un fanatico.

E poi, tutte le storie vivono di momenti gloriosi e di pagine buie. Mi chiedo perchè raccontare solo queste ultime? Perchè ci si concentra solo sugli aspetti negativi dell'unificazione? Ce ne saranno stati pure di positivi suppongo!

In un momento di buio assoluto come questo, dove un igienista dentale vuole diventare ministro degli esteri perchè divide il letto con il premier (ma in fin dei conti avrebbe pure ragione, viste alcune colleghe già ministre...), quando le leggi e le persone si piegano alle convenienze e nessun ideale sostiene le azioni politiche, ci voleva un film non agiografico ma almeno un con pò di cuore.

Vogliamo vibrare a vedere le storie di questi ingenui e coraggiosi, di questo gruppo di ardimentosi, che perdendo tutto, i beni, la libertà e spesso la vita hanno costruito le fondamenta di questa nazione. Vogliamo sentire delle parole come quelle di Napolitano nella festa dei 150 anni dell'unità, vogliamo celebrare anche i passaggi positivi, la repubblica romana, la spedizione dei mille, la presa di Roma. Invece no, si parla di efferatezze, si mettono quasi sullo stesso piano vittime e carnefici. Si dimentica che una guerra è una guerra e che i morti sono sì tutti uguali ma la ragione per cui si muore no.

E' un pò un film "attuale". E' da macchina del fango. Siamo tutti sporchi, i Borboni erano tremendi, ma i mazziniani pure. I Savoia sono come i Borboni. Non c'è salvezza, ne' redenzione.

Molto meglio i film di Magni sulla roma papalina, sui carbonari e sulla fine del Papa Re. Almeno si prova simpatia per questi giovani.

Noi credevamo che il nostro cinema poteva fare di meglio. Anzi doveva, per il rispetto di quelle persone.



domenica 27 marzo 2011

Il Titanic

Si narra che durante l'affondamento del Titanic l'orchestra abbia continuato a suonare. Mutatis mutandis da noi avviene la stessa cosa.

Mancano i soldi, che novità? Ma non è la solita crociata dei baroni universitari! Mancano davvero! Non vi sono i soldi per sottoscrivere i periodici scientifici. E' come se una banca non avesse le informazioni sulle quotazioni dei cambi o sul listino azionario.
Per noi la ricerca è spostare avanti una linea. Ma se non sappiamo cosa hanno fatto gli altri o dove sono arrivati come facciamo? La storia dell'editoria scientifica meriterebbe un post a parte, ma per ora sorvoliamo.

Ad ogni buon conto la soluzione è drenare risorse dalle borse di dottorato. Ovvero diminuirne il numero. Già abbiamo difficoltà a mantenere i giovani in gamba. Tutto sommato il dottorato ancora regge, li formiamo bene, hanno ottime chance di avere un post-doc all'estero. E per noi rappresentano sia una forza lavoro sia uno stimolo intellettuale. Capita che delle volte ci scordiamo di farci delle domande, oppure ne dimentichiamo le risposte. Una persona fresca di studi e assetata di sapere è un motore, un caterpillar per ogni gruppo. Dunque è una perdita doppia, per noi e per loro.

Nella rara ipotesi che possiamo avere delle risorse per qualche post-doc, il vuoto legislativo attuale sta impedendo di fatto questi contratti. Ma si risolverà tutto in breve tempo, vedrete...

Intanto ogni giorno una parte dei nostri ragazzi migliori resta a casa. Quella parte che ha pensato che l'investimento migliore che si possa fare per loro e per il nostro paese è nella conoscenza.

Molti non si rendono conto di cosa è la precarietà. E’ una umiliazione continua, è la perdita della dignità, è la fragilità dell’esistenza. Ti senti come se tutto ciò per cui hai lavorato e faticato ti potesse essere portato via in un attimo. Così senza una ragione, senza un perchè. Se mancano i fondi, o solo se tardano perchè qualche burocrate è stato un pò lento a passare una carta da una scrivania all’altra tu rimani a casa. E mentre vorresti pensare a pianificare l’esperimento che farai l’anno prossimo non sai nemmeno se vi parteciperai.

Questi giovani sono coloro che si appassionano di come funzionano le cose, sono quelli che si fanno domande. Sono la ragione perchè oggi nei paesi industrializzati si campa a lungo, non si muore lattanti, per andare da Roma a Milano basta meno di un'ora, non abbiamo più le carestie e possiamo lavorare 8 ore al giorno per 5 giorni a settimana. In una parola: progresso tecnologico, economico e sociale.

A questo punto qualcuno potrebbe prendersela con la miopia dei nostri governanti o con la mancanza di fare sistema dell'Università. Ma il problema vero è che in Italia le cose non vengono guidate dalla politica. Questo può accadere in un paese meno demagogico o clientelare del nostro. Da noi la politica certifica una situazione.

E la nostra situazione è che l'imprenditoria non sa che farsene dell'Università. E' triste ma è così. Se la confindustria pensasse che una classe di persone preparate e motivate fosse utile al paese, con il loro bagaglio di inventiva, di originalità, di giovinezza, non ci troveremmo dove siamo.

Anni fa, alla consegna del diploma di dottore di Ricerca intervenne il direttore del ministero del tesoro. Egli disse che noi non possiamo essere come il Giappone o la Germania. Loro spendano pure il 3% del PIL in ricerca, noi dobbiamo SOLO formare dei giovani che sappiano usare quelle conoscenze.

Dall'estero comperano le nostre migliori aziende, e noi ci preoccupiamo? Troppo tardi: hanno già comperato i nostri migliori ragazzi.

Ma non disturbate la navigazione, l'orchestra non ha ancora finito di suonare...






venerdì 25 marzo 2011

la libertà non è star sopra un albero...

Cantava il grande Gaber.

Oggi una persona mi ha fatto riflettere su questo blog e sulla libertà di scrivere.
Non ho dato molta pubblicità a questo sito, sopratutto tra i colleghi. Perchè?

Credo che sia stato timore. Paura che venisse meno la libertà di scrivere e criticare chi ha una posizione di potere.

E' successo che il mio rettore abbia risposto ad una richiesta che non gli era stata ancora presentata (alquanto curioso no? qualcuno potrebbe trovarlo allarmante) ma che girava su una nostra mailing list. E' accaduto che una mia collega, che aveva raccontato di una pressione ricevuta nel parcheggio per rompere la solidarietà della nostra protesta, sia stata successivamente rimproverata dall'autore di tale tentativo. Egli non solo non si è sentito minimamente in colpa per il suo comportamento, ma una volta saputo di essere stato messo alla berlina ha avuto perfino il cattivo gusto di non tenere la spiata per se'.

Queste cose mi hanno un pò spaventato. So che il mio paese è fatto da cortigiani che hanno, come diceva Biagi, il loro tiranno preferito. E lo vedo tutti i giorni, esempi di persone che si trasformano in lacchè per "fare carriera". Chi invece manifesta un dissenso deve essere cauto, il non essere allineato non è sintomo di indipendenza ma piuttosto di possedere una abitudine pericolosa: il pensare.

Oggi ho capito (meglio tardi che mai) che anche io mi sento suddito e poco cittadino. Sono i sudditi che temono la collera del re, sono i sudditi che tremano per i cortigiani del padrone. Sono sudditi coloro che danno un prezzo alla loro libertà. Le persone libere non hanno paura del confronto. E le cattiverie che gli fanno non sporcano le loro anime ma quelle dei loro aguzzini.

La nostra libertà non finisce solo quando è limitata dagli altri, ma anche se noi ci mettiamo su un albero perchè temiamo le ritorsioni.

Mi arrogo il diritto di additare chi è disonesto perchè mi sento onesto. Voglio censurare chi usa l'università invece di servirla perchè io non lo faccio. Ma con che coraggio posso criticare i giornalisti che non attaccano il potere quando questo esce dai suoi confini? Se io per primo, per una cosa così microscopica, per un insignificante blog mi faccio tanti problemi?

Ho sempre pensato che non sono i discorsi che contano ma i comportamenti. I miei genitori non mi hanno mai spiegato cosa vuol dire amarsi, me lo hanno mostrato ogni giorno. Non possiamo piegare le nostre convinzioni alle convenienze. E dunque voi che leggete: sentitevi liberi di mandare questo link a chi volete, se lo ritenete interessante.

martedì 22 marzo 2011

ipse dixit


Siamo il paese dalla memoria corta. Montanelli diceva che in Italia quando si è morti lo si è per sempre!
I nostri politici sono usi fare affermazioni che si dissolvono come neve al sole.
Il mio preferito è l'ex maestro di sci dei figli di Berlusconi e attuale ministro degli esteri, Franco Frattini.

Due giorni prima della fuga del leader tunisino Ben Alì chiedeva di “sostenere un governo come quello della Tunisia che ha pagato un prezzo di sangue per il terrorismo" , salvo poi dovere fare macchine indietro dicendo che l'Italia rispetta le decisioni del popolo tunisino, e vorrei vedere...
Beh ma con l’Egitto sarà stato più prudente. Macchè. Prima ha sostenuto il vice di Mubarak per  dire “«no» al vuoto di potere, «no» alla guerra civile e «sì» ad un accordo politico per le riforme”, salvo poi…
Va beh, errare è umano....perseverare è Frattini ma almeno sulla Libia? Cosa aveva detto?
“Gheddafi è un esempio da imitare…” eh va beh, allora non c’è nulla da fare.
Devo dire che di politici che cambiano idea dall’alba al tramonto ne siamo pieni. Fa parte delle nostre caratteristiche, mai finita una guerra con lo stesso alleato. Però un ministro degli esteri così mediocre non lo ricordo, e sì che abbiamo avuto degli esempi, tipo l’indimenticabile Gianni De Michelis, che fu definito da Enzo Biagi “un avanzo di balera”, per la sua propensione per i locali notturni.
Su Berlusconi sorvolo perché è impossibile stargli dietro,  tra un po’ smentirà prima di dichiarare.
C’è poi la categoria dei folgorati sulla via di Damasco, quelli che vedevano il mondo in nero e lo scoprono bianco.
Francesco Rutelli è tra i miei favoriti. Capogruppo radicale alla camera nel 1984 si issò su un balcone di Montecitorio per mettere una bandiera Vaticana, in chiara contestazione anticlericale, prima di diventare il bigotto cattolico baciapile che è tutt’ora.
Giuliano Ferrara è un altro convertito, figlio di un senatore comunista, capogruppo comunista nel consiglio comunale di Torino passa prima nel PSI, con cui diventa eurodeputato e poi si scopre Berlusconiano. Stesso percorso per Bondi.
Ma parliamo di Fini, che una volta definì Mussolini ‘il più grande statista del ‘900’, salvo rimangiarsi in 10 giorni l’affermazione. O di Bossi che definì Berlusconi un “Berluskaiser” dopo la prima fallimentare esperienza di governo. Ma come non ricordare Fede, Emilio, instancabile sostenitore di Mani Pulite, ogni giorno una diretta fiume. E oggi? E’ un po’ cambiato? Sarà stato il bunga-bunga?
“Con questa legge Mani Pulite non vi sarebbe stata” tuonava il primo ministro, colui che offrì il dicastero dell’interno a Di Pietro nel suo primo esecutivo. Allora non la disprezzava mi pare di capire…
Monumentale Paolo Guzzanti, deputato PdL, che lascia la maggioranza dichiarando schifato che questa è una ‘mignottocrazia’, e dove lo ritrovi ora, toh nei “responsabili” che sostengono il governo. Banderuola.  
Ma qui si fa notte, va beh, finiamola con quelli di Futuro e Libertà che oggi chiedono la sospensione del trattato con Gheddafi definendolo vergognoso, ma dove erano nel 2008 quando lo hanno votato?  A favore ovviamente…

giovedì 17 marzo 2011

W l'Italia

Ci voleva il 17 marzo per farci riscoprire un pò di Italianità. Un paese che è molto ammirato nel mondo per le sue persone, e così poco considerato come comunità.

Ecco, questo è il male endemico della nostra penisola. Siamo bravissimi a difendere i nostri interessi e non ci rendiamo conto che in realtà se questi non vengono perseguiti nell'ottica più ampia di un interesse collettivo ben presto non avremo più nulla da difendere.

Non è la disoccupazione giovanile, l'arretramento del meridione, la dipendenza energetica, la corruzione politica, la scarsa propensione al rischio dei nostri imprenditori e la asfittica gestione del credito delle nostre banche il problema da risolvere. Il padre di tutti i problemi è la mancanza di una idea di nazione, di stato, di comunità.
E' solo affermando questi valori che possiamo far partire un secondo risorgimento. Ci sentiamo, e siamo purtroppo, più sudditi che cittadini. Finchè rimaniamo un popolo diviso, sempre stretto nella lotta tra i campanili, sempre diviso tra guelfi e ghibellini non avremo futuro. Il nostro primo ministro e la Lega lo hanno capito bene, divide et impera, e non perdono occasione di metterci gli uni contro gli altri. Ma in realtà è molto di più ciò che ci unisce da quello che ci divide.

In questo contesto è impagabile ogni momento che serve a cementare la nostra unione, dalla finale dei mondiali, ai funerali dei soldati di Nassiriya, alle feste per i 150 anni di Italia.

Per questo è da stigmatizzare la cecità della confindustria che si oppone al giorno festivo perchè non ce lo possiamo permettere. Si sa che gli industriali italiani sono un pò miopi in fatto di investimenti, e questo è sicuramente il più importante di tutti, poichè solo quando considereremo la nostra patria un bene comune eviteremo di farne lo scempio che siamo usi.

W L'Italia !!

lunedì 14 marzo 2011

Nucleare ieri oggi e domani

Finalmente in questo paese si parla di qualche cosa invece che dei problemi del nostro premier.

Certo ci si scalda per il nucleare solo quando succedono disastri. Mettiamo le mani avanti: non sono un esperto del settore. Ma mi trovo in buona compagnia, diciamo insieme a tutti i parlamentari e i ministri che favoleggiano in questi giorni? ma almeno io ho una laurea in fisica e so come avviene la fissione del nucleo.

L'Italia è il paese del fuori tempo massimo. Nel 1987 un referendum, sull'onda emotiva di Chernobyl decise di chiudere sia le centrali nucleari per la produzione di energia elettrica, sia gli impianti per il materiale fissile.
La tragedia di Chernobyl si origina dalla criminale ignoranza dei tecnici e degli addetti alla centrale che hanno usato un reattore industriale per fare degli esperimenti saltando tutti i dispositivi di sicurezza e le più elementari norme di buon senso.
Dire però che non può ripetersi mi sembra eccessivo. L'umana stupidità, sopratutto quando ci sono in gioco interessi economici non può essere predetta. Comunque l'incidente ha dimostrato che ciò che avviene in paesi lontani può avere effetti anche da noi. Da qui l'argomento: ci sono un centinaio di centrali in Europa, perchè non la dobbiamo avere anche noi?

E' difficile capire la bontà o meno della scelta del 1987. Di sicuro ci ha privato della conoscenza di questa tecnologia, una generazione è andata in pensione senza trasferire il suo bagaglio a quella seguente.

Dal punto di vista economico la scelta non è stata delle migliori. Allora il prezzo dell'uranio fissile era inferiore. D'altro canto in quell'anno la produzione di energia nucleare copriva solo il 4% del fabbisogno italiano e dunque vi si è potuto rinunciare mettendo i principi, la sicurezza e il problema delle scorie davanti alle ragioni del portafoglio.

Il risultato è che da noi il kW è il più caro di Europa, eccetto Cipro e la Slovacchia. In Francia costa la metà e in Germania circa l'85%.
http://www.energy.eu/#dependency

Ed oggi? E' ancora un buon affare il nucleare?
Vediamo prima il punto di vista economico. Quest'anno per la prima volta c'è stato il sorpasso in america e il kW solare costa meno di quello nucleare. Qui sotto il prezzo dell'uranio negli anni.

Uranium Prices Making a Comeback

La crisi del 2008 ha provocato il crollo del consumo mondiale di energia ed anche del prezzo. Tra il 2004 e il 2008 il prezzo è aumentato di un fattore 7!! Ciò è dovuto sopratutto ai paesi in via di sviluppo, tipo Cina e India che costruiscono nuove centrali. Nei prossimi anni si prevede che il costo riprenda a salire velocemente.
Comunque oggi è ancora un buon affare.

La domanda che ci dobbiamo porre però è: ma tra 15 anni quando ci saranno le centrali italiane? Beh la tendenza è tale che potrebbe esserlo per chi ha già delle centrali, non per chi deve anche ammortizzarle. Ci sono poi una serie di costi che di solito non vengono conteggiati. Ad esempio gli impianti di arricchimento, tutti chiusi oggi in Italia, e lo smaltimento. Questa parola mi fa venire in mente qualcosa. Smaltimento rifiuti pericolosi, in Italia...dejavù...

Ho solo parole di stima per i nostri pompieri, ma in caso di incidente farebbero quello che hanno fatto i russi, sacrificando la loro vita? Gli si può chiedere a una persona una cosa del genere?

Ad ogni modo nel 2025 la Germania avrà chiuso le sue centrali rinunciando al 23% della sua produzione. Fanatismo ecologista o scelta ragionata?

Certo se nel computo mettiamo oltre le ragioni economiche quelle legate alla sicurezza del territorio, al problema delle scorie, alla complessità della gestione degli impianti la scelta, mi pare scontata. Se nel 1987 poteva essere un affare economico non lo sarà certo nel 2025, ferme restando le ragioni di principio.

D'altronde nessun paese Europeo è energeticamente indipendente (eccetto la Danimarca)  nucleare o no perché comunque devono importare Uranio, petrolio e gas.

L'Italia, sembra incredibile, ma produce già oggi più del 23% da rinnovabili, grazie sopratutto al 18% circa di idroelettrico, circa il 2% di geotermico e eolico (terzi in europa!) e ahimè solo il per mille di solare, pur essendo evidentemente uno dei paesi con maggiore esposizione d'Europa.
(fonte: http://www.autorita.energia.it/it/dati/eem6.htm)

Per una volta nella nostra storia possiamo non andare a rimorchio degli altri con il solito quarto di secolo di ritardo? Chissà se questa volta ce la faremo...

sabato 12 marzo 2011

Il merito di Berlusconi

Oggi mi sono reso conto che Berlusconi ha un grosso merito storico e che negli anni gli sarà di certo riconosciuto.

Alla manifestazione per la difesa della costituzione ho sentito la gente cantare l'inno nazionale, sventolare solo bandiere italiane e tricolori (c'erano ben 4 bandiere di partito, 3 dei comunisti e uno del partito sardo d'azione, ma sparivano nei tricolori), cantare il Va' pensiero.

Considerando che la maggior parte di queste persone votano il centrosinistra il risultato è notevole. Poco più di venti anni fa, cioè poco prima del Berlusconismo, questa gente gridava di fottere lo stato. Il concetto di appartenenza nazionale era proprio solo della destra. Solo lì si sentiva l'inno nazionale e si sventolavano i tricolori.

Chiunque sia stato emigrante per un pò tempo può capire l'importanza di sentire il nostro inno. Ricordo che quando stavo in america mi alzavo la domenica all'alba per vedere i gran premi di formula 1 e quando vinceva la Ferrari mettevo l'inno ad alto volume.

Le generazioni nate dopo la guerra hanno trovato tutto fatto, una costituzione scritta, la libertà data come qualcosa di scontato. Oggi qualcuno ha ricordato giustamente come la costituzione sia in realtà il testamento di 100.000 persone, che sono morte affinchè si potesse scrivere.

Finchè non è arrivato Berlusconi che ha messo in ginocchio la scuola pubblica e l'università, finchè non è iniziato il massacro della magistratura, finchè non siamo arrivati vicini a perdere quei principi che sono scritti nella costituzione non gli abbiamo attributo importanza. E' sempre così, non consideriamo mai significativo ciò che abbiamo e solo quando lo abbiamo perso lo realizziamo.

E c'è un altro grande merito del Berlusconismo. L'attenzione verso la cultura liberal in italia. Si è letta la oramai famosissima profezia di Calamandrei, un azionista. Ma chi si ricorda oggi di queste persone? E' solo grazie al primo ministro che è uscita fuori questa profezia del 1950 che sembra scritta oggi.

La nostra costituzione è decisamente giovane, la più giovane dei paesi sviluppati, ed è la sintesi di tre culture, la cattolica, la socialista e quella liberale. A rileggerla si capisce la sua modernità e la sua forza.

Grazie a Berlusconi perchè metterla in discussione è stato il modo migliore per farcela conoscere e apprezzare.

Conoscenza o conoscenze?

Ieri un fisico che conosco bene ha rilasciato la seguente dichiarazione in merito ai rischi nucleari nel dopo sisma del Giappone all'ADNKronos, poi ripresa da Repubblica:

Valerio Rossi Albertini, ricercatore del Cnr, a proposito di possibili rischi nucleari: "Le fughe radioattive mi sentirei di escluderle. Nella peggiore delle ipotesi si tratta di materiale contaminato da radiazioni ma che di certo non ci sarà il così detto 'effetto Chernobyl".

Io e molti colleghi ci siamo chiesti cosa ne sappia di centrali nucleari uno che fa spettroscopia X e che ha un dottorato in scienza dei materiali. Vieppiù che lo conosciamo anche bene e dunque possiamo certo escludere questa cosa.


Poi esplode la centrale di Fukushima, c'è la fuga di una nube radioattiva...

Oggi trovo scritto su Repubblica:

Malgrado il pronto intervento sulla centrale nucleare giapponese di Fukushima, con la fuoriscita controllata di vapore per evitare nuove esplosioni, il rischio rimane, e se ulteriori esplosioni toccassero la parte interna del reattore, quella col nocciolo, "il rischio sarebbe quello di una nuova Chernobyl, un disastro epocale". Lo ha detto il fisico Valerio Rossi Albertini, esperto di nucleare del Cnr.
Ci era noto che avesse molte conoscenze, che aiutano in questo paese più della conoscenza. 


Ad ogni modo è solo l'ultima perla collezionata dai nostri presuntuosi e incompetenti scienziati.
Solo ieri l'Istituto di Geofisica e Vulcanologia ha detto che l'asse terrestre si è spostato di 10 cm, notizia ripresa anche dalla CNN, per essere poi smentito oggi dall'Agenzia spaziale italiana.


Qualche mese fa il Presidente dell'INFN sostenne che l'esperimento Opera per vedere i neutrini sparati dal Cern al Gran Sasso potevano servire per le ricerche petrolifere!!


Gli scienziati quando parlano devono ricordare di non essere politici e che non debbono esprimere opinioni un tanto al chilo ma risultanze di studi, ricerche etc.


Una volta che si è persa la credibilità la si è persa per sempre.

mercoledì 9 marzo 2011

La vita degli altri in un a-social network

Spesso desidereremmo essere in una isola deserta, quando siamo in coda in auto, dal dottore,  alla cassa di un supermercato.
Eppure sono proprio gli altri che arricchiscono la nostra vita. Una volta pensavo che fosse la conoscenza, la cultura, il nostro traguardo nobile e appetibile.

Mi rendo invece conto che l'umanità è l'orizzonte a cui tendere. Possiamo imparare molto di più da una persona che da un libro. La nostra vita, per quanto possa essere ricca e piena, rimane sempre una. Sono le esperienze altrui che la allargano, che ci fanno condividere un vissuto per noi impossibile.

La mattina telefonano al "ruggito del coniglio" e raccontano se' stessi. Ma almeno un terzo parla di esperienze non proprie, ma di un amico, parente, conoscente. E quelle storie diventano le loro storie.
Lo spione del film "Le vite degli altri" risorge dalla sua infima condizione di schiavo di un regime ascoltando le vite degli altri. Condividendo le aspettative e i sogni si rende complice di quelle vite e riesce a salvarle. Non perché sia intenerito ma perché quelle vite sono divenute anche sue.

Oggi c'è Facebook, e ci pare che questo sia il mezzo della nostra empatia. Ma in realtà Facebook è solo per voyeur. E' una finestra sulla privacy altrui. E' freddo, è fatto di "mi piace", "condividi","tizio ti ha inviato un..." etc etc. E' uno strumento che permette di tenersi in contatto certo, ma alla fine non condividiamo veramente nulla.

Gli amici si frequentano, il contatto umano, il calore, il piacere della conversazione non possono essere surrogati. Temo che invece di essere uno strumento utile, possa diventare un a-social network.


giovedì 3 marzo 2011

isomorfismo

Ah se Tommasi di Lampedusa avesse conosciuto un pò di matematica...


da Wikipedia:



« La parola isomorfismo si usa quando due strutture complesse possono essere mappate una nell'altra, in modo che per ogni parte di una struttura c'è una parte corrispondente nell'altra struttura, dove corrispondente significa che le due parti giocano ruoli simili nelle loro rispettive strutture. »

Perchè mi è preso questo amore per questa parola? Perchè ne ho appena avuto un esempio da manuale, e ho capito che è la parola che meglio si adatta al 'cambiare tutto per non cambiare nulla' del Gattopardo.

Uno dei cardini della riforma Gelmini è l'abolizione delle facoltà e lo spostamento dei poteri ai dipartimenti. Bene, adesso si stanno scrivendo gli statuti. Cosa ti hanno pensato quei volponi di giurisprudenza? Si prende la facoltà e si chiama dipartimento e i dipartimenti si chiamano unità o qualcosa d'altro (cosa che la legge consente).

Dunque una delle principali riorganizzazioni strutturali viene completamente svuotata con un artificio lessicale.

Come ebbi già modo di scrivere qua, non è una legge che cambia la mente delle persone. La legge si può sempre aggirare, l'etica non si impone con la gazzetta ufficiale.

mercoledì 2 marzo 2011

Mettiamoci una pezza

L'Italia è il paese delle toppe. Ho sentito una frase molto bella di recente: "Gli italiani fanno quello che non fa l'Italia". Sembra un paradosso ma è la verità.

E' solo grazie all'abnegazione e al coraggio di molti cittadini che vengono coperte le magagne della nostra comunità. Penso ai volontari, di ogni corpo, arma e associazione che aiutano gli altri. Penso agli insegnanti che devono far crescere una generazione mentre sulla scuola piove di tutto.
E ovviamente penso anche alle toppe che tutti i giorni mettiamo io e tutti i miei colleghi.

Recentemente però, grazie alla Gelmini, qualcosa ho e abbiamo capito. Che c'è un limite oltre il quale non bisogna andare. Non è giusto continuare ad esercitare una supplenza quando non c'è speranza che arrivi il titolare. Anzi. Se si continua a metterci una pezza, sfugge che il tessuto è liso. Se con la 29esima spesa in ricerca produciamo la nona ricerca del mondo a che serve spendere di più?

Qualcuno ci ha detto che non possiamo fare così, non possiamo non fare quello che il nostro contratto non ci obbliga a fare. Ovvero non possiamo non essere volontari. Perchè in questo modo danneggiamo una istituzione, distruggiamo ciò che si è costruito con tanto sforzo. Osservo che costruire in questo modo vuol dire edificare sulla sabbia. Sullo sforzo poi...diciamo a costo nullo. E siccome ciò che costa niente vale niente ci siamo solo illusi di costruire qualcosa.