domenica 9 dicembre 2012

La tanica

Circa vent'anni fa, all'epoca della prima tangentopoli, un mio caro amico coniò una fortunata espressione: la tanica. -Vedi Alessà- mi diceva, - non c'è nulla da fare qua, questi prendono mazzette pure sulle lapidi. A questo punto l'unico rimedio è la tanica (di benzina si intende)- .

Le sue parole mi sono venute in mente in questi giorni, perché sebbene siano tanti anni che ne vediamo di cotte e di crude, quello a cui assistiamo adesso travalica l'indignazione.


Sono cresciuto nella precisa convinzione che Piazzale Loreto sia stato la vergogna di una nazione. Un popolo che era prima succube e poi che si accanisce contro le spoglie mortali di quelle persone che seguiva incantato, dando spazio alle peggiori pulsioni umane. Eppure oggi comincio a pensare che appendere i dittatori a testa giù abbia un suo aspetto educativo.

La regione Lazio viene sciolta perchè questi signori si sono spartiti a rubamazzetto circa 30 milioni di euro, mentre in molti ospedali non ci sono i soldi per il personale e molte operazioni vengono rinviate al prossimo anno. E di fronte a tutto ciò solo l'intervento della magistratura ha costretto questi a fare le tende, non l'indignazione, non la protesta, non l'opposizione. Tutte cose non pervenute.

Adesso, dopo un anno di duri sacrifici, con diversi amici che hanno perso il loro lavoro e per i quali il Natale non sarà come prima, appena pagato l'IMU, ecco che ritorna (ma era mai andato via?) il pappone adescatore di minorenni, il plurinquisito e adesso pure condannato, l'uomo che mi costringe ogni volta che si parla di politica italiana all'estero a sentirmi dileggiare. E basta il suo nome per far scivolare questo paese indietro, per rischiare di bruciare quel poco che si era messo da parte quest'anno.

E si ricomincia con il circo delle mezze figure, dove sfilano i Cicchitto, i Gasparri, i La Russa, con le pretestuose accuse agli altri, contro i giudici comunisti, contro l'europa tecnocrate e l'Euro.

Questo paese è stato fatto da molte persone, sopratutto anonime. Ma deve moltissimo ad una per averlo disfatto: Berlusconi. Oh certo non sarebbe stato capace di fare tutto da solo, se non avesse incontrato una corte di miracoli di fuoriusciti dalla sinistra ed ex fascisti, di puttanelle ideologiche, di mezze sciacquette che lui ha fatto ministro. Non ce la avrebbe fatta senza una opposizione sottile come un grissino, senza una società rammollita.

Perchè Berlusconi è il lato oscuro di tutti noi. E' l'egoista che ci cela in noi, è il menefreghista che butta le briciole di sotto, è il facilone del ghe pensi mi. E' l'imbecille che non capisce perchè deve pagare una professionalità, tanto tutti sanno fare tutto. E' l'asociale che prende la corsia di emergenza quando tutti sono bloccati, è il delinquente che non paga le tasse perchè è furbo. E' colui che piega le leggi, l'etica e la morale per il proprio tornaconto personale. E' l'uomo che apprezza una donna solo quando è bella e disponibile. Di Berlusconi in pectore ne è pieno il paese.

Eppure c'era una Italia prima di Berlusconi, una Italia in cui bastava un sospetto per farti dimettere da una carica pubblica, una Italia nella quale non bisognava pagare per andare alla scuola pubblica altrimenti non vedevi nemmeno la carta igienica. C'era una Italia nella quale il professore non era uno che faceva tre mesi di vacanze ma una persona che formava le coscienze. C'era un paese che era stato emigrante e non pensava ne' diceva di sparare sui boat people.

E quando pensavamo che avevamo tutto questo alle spalle, ecco che riciccia, come l'erba cattiva. Perché noi abbiamo tolto solo le foglie in superficie, ma la radice è rimasta sempre lì.

Ed è per questo che serve la tanica. Per bruciare queste metastasi, per impedire di diffondersi ancora. Ma solo se sapremo fermare il Berlusconi che vive accanto a noi, saremo in grado di liberarci dei suoi cloni che vogliono governarci.  

lunedì 19 novembre 2012

Le persone che uniscono

E' stata una giornata un po' particolare, sono stato alla commemorazione di Marcello, il mio collega dell'ENEA morto tragicamente alcuni mesi fa.

Sembrerà assurdo ma mai come oggi Marcello mi è parso vivo, nei racconti di chi lo ha conosciuto, negli aneddoti raccontati, nella gioiosa familiarità dei ricordi. E mentre le persone scorrevano su quel palco, questa foto ci guardava tutti dall'alto, con quel sorriso sornione e bonario. Chissà cosa avrebbe pensato lui di questa cosa.

Si sono dette tante cose, alcune molto azzeccate. Mi è stato chiesto e, sebbene non avessi pensato a nulla, ho voluto anche io dare il mio piccolo ricordo. Mi sembrava doveroso aggiungere una piccola tessera ad un puzzle.

Non so se sono stato chiaro, forse no, ma la cosa che apprezzavo moltissimo di quest'uomo è il non segnare le persone con una etichetta. E' il non pensare che hai torto o ragione perché appartieni al suo ente, ENEA, o sei di quel dirimpettaio un po' ingombrante, INFN. Eh sì perché in un paese di guelfi e ghibellini, di campanili,  di gente di Bergamo alta che guarda in cagnesco Bergamo bassa, c'è anche nella ricerca chi pensa di fare più fisica politica che fisica. 

C'è nelle Università (e io lo so bene)  gente che è attenta al tuo settore disciplinare e se non sei dei loro sei figlio di un Dio minore,  applicando un manuale Cencelli nella quotidianità che farebbe inorridire un DC della prima repubblica. Ci sono posti dove i fisici nemmeno riescono a stare tutti insieme. Il dipartimento di Roma3 si è diviso, particellari e teorici con matematica, gli altri con scienze. Follie.

Eppure ci sono persone che non sono così, che fanno da ponte, che cercano ciò che ci unisce e non ciò che ci divide.  Marcello non divideva tra bianchi e neri, figuriamoci se lo faceva tra fisici.    Era una persona che aggregava, un professionista che lavorava per un solo obiettivo, il successo di un esperimento.  

Qualcuno uscendo si è chiesto se fosse capitata a lui questa sorte, come sarebbe stato ricordato? Io no. Io ho pensato a quanti non dicano quanto vogliono bene e quanto apprezzano un'altra persona quando è in vita. E poi magari lo scoprono e si rammaricano quando è troppo tardi. 

Cerco sempre di non farlo e sono maledettamente certo che Marcello non l'abbia mai fatto.

Ciao Marcello.
 


mercoledì 7 novembre 2012

4 years later

Sono passati quattro anni e io mi sono alzato di nuovo all'alba per vedere i risultati dell'elezione americana. E ho pure dormito male, temendo che potesse non vincere.

Quattro anni fa lo ricordo quando uscì all'aperto con la moglie e le figlie e fece il suo discorso. E io piangevo. Piangevo perchè mi pareva il finale di uno stupendo film di Frank Capra. Ma andiamo! Una storia così solo in America.

Avevo visto il suo discorso alla convention per Kerry, poi ho letto l'audacia della speranza. Un libro bellissimo, che descrive come dovrebbe essere la politica. Era esattamente quello che mi sarebbe sempre piaciuto sentire, idealismo, pragmatismo, ma sopratutto fiducia e responsabilità. Lui non dice mai vi regalo qualcosa, dice dovete sudare, dovete faticare, ma da' un progetto, da' un quadro di insieme, da' una idea di come tenere unita una società complessa come l'America.

Da allora ho seguito i suoi discorsi. Memorabile uno allo stato dell'Unione sull'importanza degli insegnanti. Toccante e profondo quello che tenne dopo la strage in cui fu ferita in Arizona la Gifford e morirono varie persone tra cui una bambina.

Non ho mai creduto che fosse un imbonitore, ma anzi una persona che non chiede agli altri quello che non farebbe lui.

Ho visto in TV, ero a New York, il faccia a faccia del 3 ottobre, in cui fu messo sotto da Romney e ho sofferto con lui. Ho ascoltato qualche suo comizio, le storie delle persone che sono cambiate grazie alla sua politica e alla copertura sanitaria, il conforto e l'interesse che ha mostrato verso chi torna da una guerra (che secondo me è la ragione vera per cui ha vinto in Virginia!)

Sono passati quattro anni e ci siamo scontrati con la realtà, con una crisi incredibile. Appaiono i capelli grigi ma ciò che non passa è l'attualità del suo messaggio. Se ci dividiamo, se facciamo delle cose solo per un gruppo di persone e non per tutti, se tolleriamo che ci siano grandi differenze, se togliamo alle persone la speranza di potere avere una vita migliore per loro e per i propri figli, prosciughiamo il propellente che ci spinge avanti.

Non ho pianto questa volta, ma sono stato contento. Di potere ancora sperare che più pagine di quel libro diventino realtà.

martedì 23 ottobre 2012

I grandi rischi della commissione

Non si parla d'altro, della condanna degli scienziati della commissione grandi rischi. Anche tra i miei colleghi le opinioni sono molto variegate.

Però mi sembra che ci siano degli equivoci di fondo che volutamente vengono omessi. Cominciamo oggi dalle dimissioni dell'attuale presidente della commissione: Luciano Maiani. Chi è Maiani? Uno dei fisici italiani più bravi e più noti al mondo, ex presidente CNR, INFN ed ex direttore del CERN. Un fisico delle particelle elementari. Cosa ne capisca lui di grandi rischi francamente mi sfugge.

Il punto è proprio questo. Quella commissione dovrebbe essere un organo tecnico, di indirizzo per la protezione civile. Invece è come tutte le commissioni italiane un parcheggio per appoggiare le terga di qualche potente rimasto magari a corto.

Quali sono i suoi compiti? Prevedere i terremoti, che non si possono prevedere? No di certo. Deve stilare delle mappe, con delle soglie di rischio. Poi è l'autorità che deve giudicare se il gioco vale la candela.

Esempio pratico, come ricorda un mio collega: tutta l'area circumvesuviana è una polveriera. In passato ci sono stati segni che potevano far pensare ad una imminente eruzione. In questo contesto cosa dovrebbe fare la commissione secondo me? Dire all'autorità competente (e solo a questa!): "Signori questo è il rischio, che fate?". A quel punto la decisione è politica. Se evacuare e seminare il panico genera più morti di una eruzione meglio tutti a casa.

Invece cosa hanno fatto questi? Hanno previsto, in meno di un'ora attenzione, che NON ci sarebbe stato un terremoto, previsione che non si può fare. O almeno, non credo che loro pensassero esattamente così, questo è il messaggio che hanno lasciato filtrare all'esterno, con il solito eccesso di presenzialismo davanti alle telecamere. "ho detto al sindaco di Sulmona che può stare tranquillo, non ci saranno pericoli".

E' questo il problema. Questa affermazione non è scientifica, loro non avevano dati per trarla. Dunque non sono stati condannati per NON avere previsto un terremoto. Se poi prendiamo le intercettazioni di Bertolaso (pubblicate da Repubblica) scopriamo che la commissione non ha valutato un bel nulla:

 "La cosa importante è che domani... Adesso De Bernardinis ti chiama per dirti dove volete fare la riunione. Io non vengo... ma vengono Zamberletti (l'unico che poi non parteciperà, ndr), Barberi, Boschi, quindi i luminari del terremoto in Italia. Li faccio venire all'Aquila o da te o in prefettura... Decidete voi, a me non me ne frega niente... In modo che è più un'operazione mediatica, hai capito? Così loro, che sono i massimi esperti di terremoti, diranno: è una situazione normale... sono fenomeni che si verificano... meglio che ci siano cento scosse di quattro scala Richter piuttosto che il silenzio, perché cento scosse servono a liberare energia e non ci sarà mai la scossa quella che fa male... Hai capito? (...) 

Io ho capito, che la scienza qua non c'entra nulla. Per cui non vengano a chiedere la solidarietà, e non si nascondano dietro all'incertezza della scienza.

Loro avevano una sola certezza, servire il potere!

venerdì 12 ottobre 2012

uno scatto di cultura

Che fortuna, avere un weekend a New York. E così sono andato a vedere il Guggenheim e il Moma. Bellissimi.

Eppure non ho potuto fare a meno di notare un comportamento che avevo già visto al Louvre qualche anno fa. La possibilità di fare foto si risolve in un assurdo paparazzaggio delle opere. Cosa fa il turista medio di fronte alla Gioconda, alle Damigelle di Avignone o alla notte stellata di Van Gogh? Scatta, scatta foto come fosse davanti a Paris Hilton. Sgomita e via.

Ma come? Io sto invece lì, fermo, emozionato, impietrito davanti alla bellezza dell'opera, felice di vederla nelle sue dimensioni, nei suoi colori veri, assaporandone ogni dettaglio, cercando una empatia con il dipinto. Ma questi no, passano come davanti ad una vetrina, sciatti, insensibili. Tutto mordi e fuggi.

Mi chiedo se questo comportamento non sia la cifra distintiva di un mondo che non vuole aprirsi a nulla, non vuole capire, ragionare, sentire. Perfino la cultura diventa uno status symbol da esibire, un io c'ero anche se non ho capito nulla.

E dunque non mi stupisco se avendola abbassata al livello di un SUV o di un cellulare qualcuno pensi che la cultura sia un di più, qualcosa di cui si possa fare a meno, roba che non riempie la pancia, come disse Tremonti.

E neppure che in un mondo dove tutto ha un prezzo ci si scordi di ciò che ha un valore.


sabato 6 ottobre 2012

I momenti senza tempo

Oggi ho vissuto uno di quei momenti senza tempo. sono quegli istanti, brevi o lunghi, in cui sembra che tutto si fermi o si sia fermato, in cui assaporiamo profondamente quello che succede nel momento in cui succede.
E' raro riuscirsene ad accorgerne. Uno di tale momenti lo ricordo nel 2000. Ero all'aeroporto di Amburgo e aspettavo Federica, che avevo conosciuto da poco, e con la quale nei giorni e nelle settimane seguenti, mentre eravamo nella città anseatica, avremmo deciso di sposarci a breve.

E mentre si aprivano le porte che dividono gli arrivi dal ritiro bagagli, la vidi uscire, con una maglietta verde acido, un paio di superga e un grande sorriso. Ecco quello è un momento che ho scolpito come senza tempo, è stato allora, ma è anche oggi, è passato ma anche presente. Quei pochi passi che ci dividevano sono durati tantissimo, quasi che il tempo si fermasse e tutto intorno rallentasse. Quasi una bolla di sapone ci avesse catturato e portato distanti da tutto e tutti, immersi nel mondo eppure separati.

Oggi ho avuto questa impressione mentre mangiavo un hamburger seduto ad un tavolino dietro la Columbia University a New York. C'era con me una persona che conosco da quando avevo 5 anni! E che mi ha fatto un gran piacere rincontrate dopo molto tempo. L'ho trovato bene, di fisico e di spirito.
Lo guardavo e mi ricordavo di come era da bambino, da ragazzo, da adolescente, da trentenne. E' vero che non si vive di ricordi, ma quelli belli aiutano a vivere meglio.

E mentre ci raccontavamo gli alti e i bassi della vita, il tempo rallentava, quasi si volesse scusare per tutti quegli anni che sono passati da quando ci siamo conosciuti.

Saremmo potuti rimanere lì per ore ma purtroppo il tempo vero aveva ripreso il controllo.

E' stato molto bello rivederlo ed è sicuramente il ricordo migliore che porterò con me da questo viaggio.


domenica 30 settembre 2012

Il capitale di Harry Potter

La scorsa settimana mi sono incontrato con un ragazzo che è partito l'altro giorno per fare il dottorato a Cambridge. Laureato in Biologia, lavorerà presso uno degli istituti migliori del mondo, quello dove hanno scoperto il DNA per intenderci e dove sono piovuti ben 29 premi Nobel.

Alessandro è stato sempre un entusiasta, pure quando giocavamo a football era lui uno dei fomentatori principali. Ha lottato molto per avere questo e alla fine ci è riuscito. Sono sicuro che farà bene. E chi pensa che sia il solito secchione nerd, beh non potrebbe sbagliare di più.


La parte più affascinante, se vogliamo, sono i riti della vecchia Inghilterra. La toga nera, il ricevimento con tutti i docenti, l'alzabandiera del college, il colloquio con il reverendo, l'introduzione al club. Insomma un pò Harry Potter e un pò l'attimo fuggente.

Come al solito ponti d'oro, stanza nel college, ufficio per lavorare, portatile in dotazione etc etc. Mi diceva che qua a Roma sono un gruppo da 10 persone, ma hanno solo 6 sedie e quando ci sono le riunioni quattro di loro devono rimanere in piedi!

E' abissale la differenza tra questa categoria di persone e quelle che usurpano le posizioni di potere da noi, nella politica e nell'Università. Infatti i primi vanno all'estero per cercare di uscire dalla penombra a cui li condanniamo. Gli altri invece...

E' difficile fare arrivare ai giovani il messaggio che esiste la cultura scientifica e che è  divertente passare la vita a ricercare molto più che giocare con un iphone. Certo è più faticoso, ma enormemente più appagante.

E se per Harry Potter il suo capitale è la magia, mentre lo guardavo pensavo alla sua ricchezza, quella vera, che secondo me consiste nella conoscenza e nell'avere un carattere intraprendente, qualità che non gli mancano.

In bocca al lupo Ale.

mercoledì 26 settembre 2012

La generazione del do senza des

E' un periodo fantastico. In questo momento sto vivendo di grandi soddisfazioni sul lavoro, una dietro l'altra. E la prossima settimana andrò a vedere un importante laboratorio vicino a New York. Sono molto felice.

Mi devo far bastare questo, perchè se aspetto una qualunque forma, non dico di riconoscimento, ma almeno non di mortificazione dalla mia Università, possono diventare anziano.

Sto facendo la ricostruzione della carriera. Singolare alla mia età. Però se ci sono voluti 11 anni dalla laurea per vincere un concorso, 3 anni di prova (in quale lavoro sulla faccia della terra sei in prova tre anni dopo 11 di precariato?) e un'altro anno per tutte le formalità burocratiche ecco che si arriva a 15 anni.

E qui le brutte notizie sono come le ciliegie. Non mi riconoscono 3 anni e mezzo come ricercatore di un ente di ricerca, solo perchè il contratto era a tempo determinato. Se fosse stato indeterminato non avrei fatto un altro concorso no? Ma la cosa incredibile è che negli anni 80 questo contratto sarebbe bastato per entrare all'università, senza concorso, ope legis si chiama. Dunque...

Pazienza ci ho fatto una croce sopra. Adesso con molta fatica ho ottenuto la documentazione dal Fermilab, un laboratorio americano dove sono stato nel 1997. Si può immaginare cosa sia stato, persone andate in pensione, transizione cartaceo-digitale. Oggi mi è stato chiesto se veramente, ma veramente avevo voglia di usare questo periodo. Perchè?

Perchè l'Università non accetta questo certificato, ma deve scrivere al ministero della Istruzione, che scriverà a quello degli esteri, che contatterà il consolato e quindi il Fermilab. Dopo la risposta, il consolato ripasserà per il ministero e poi prima di tornare all'Università servirà anche un parere del CUN (Consiglio Universitario Nazionale). Quanto ci vuole? DUE ANNI!! Ora secondo me, tutta questa manfrina è fatta per scoraggiarti. Lascia perdere.

Credo che dovrebbe esistere un rapporto più leale tra l'istituzione e le persone che la animano, considerato che queste persone tengono anche dei corsi che non sono retribuiti, lavorano senza orari e lo fanno non per lo stipendio (che non sarebbe mai sufficiente) ma perchè credono in qualche cosa, in quello che fanno, nel valore della cultura, della ricerca e della formazione universitaria.

Invece l'istituzione non crede in noi, per come ci mortifica di continuo, relegandoci prima in un precariato che ci rende un sottoproletariato culturale e poi tenendoci con bassi salari e non riconoscendo il nostro contributo alla didattica ne' in termini di carriera, ne' economici. Infine cercando in ogni modo di negare anche quel poco che ci spetterebbe di diritto.

Noi siamo la generazione del do, il des se lo sono scordato!

domenica 23 settembre 2012

un libro un viaggio

E' la settimana internazionale del libro. Questo mi ha fatto pensare a quanto sono stati e sono importanti nella mia vita i libri. Ho vissuto mille vite solo grazie al fatto di averli letti.

Ogni volta si apre un buon libro si è rapiti dall'autore, trasportati in luoghi e tempi non accessibili altrimenti, un viaggio impalpabile, eppure pieno, coinvolgente. Un allargamento della nostra anima che si stacca da un presente che scolora man mano che il libro avanza.

Ho avuto il raro privilegio di colloquiare con i filosofi dell'antichità, anche se alcuni parlavano con un leggero accento napoletano...

Ho avuto la fortuna di seguire dei grandi investigatori nel loro delicato lavoro, Sherlock Holmes, Hercule Poirot, Miss Marple, Il commissario Montalbano e Charitos. Ho la presunzione di dire che alcune volte, se mi avessero ascoltato...avrebbero trovato prima il colpevole.

Sono stato insieme a i pirati a Mompracen, e ho veleggiato con il Corsaro Nero verso Maracaibo.

Ho visto Fermi e gli altri ideare e costruire la bomba atomica, mi sono schizzato di sangue quando ero troppo vicino alla testa di Maria Stuarda, ho ascoltato le confessioni private di Catilina, ho assistito alla costruzione di una vera cattedrale medievale, ho accompagnato i primi coloni americani e ho aiutato a buttare il thè inglese in mare.

Sono stato negli abissi, su fino sul Kilimangiaro, ahimè coinvolto in una celebre rapina al treno (ma l'ho fatta franca...), ho sperimentato un viaggio nel tempo e sono tornato.

Ho preso parte alla prima guerra mondiale, soffrendo là nelle trincee, ma essendo anche un silenzioso testimone delle decisioni di chi contava. Ho visitato l'Italia dei comuni e delle Signorie, della riforma e della controriforma, dei notabili, ma sopratutto l'Italia più bella, quella del Risorgimento! Purtroppo non ho potuto fare nulla per salvare Matteotti. Però ho attraversato la seconda metà del 900 con la famiglia NOI e ho goduto dell'italia del boom.

Ho viaggiato nello spazio, sulla luna poi sono stato tante volte, su marte certo, ma anche sugli oceani di venere e su una miriade di pianeti sparse nelle varie galassie. Ho assistito alla nascita dell'impero galattico, e allo sviluppo dei Robot.

Ho visto le pietre, toccato la spada e incontrato il primo re di Shannara. E che dire poi dell'Apocalisse? Bastava un nulla, un soffio, ma l'abbiamo evitata!

Ho aiutato Feymann nel suo divertimento preferito, aprire le casseforti di Los Alamos e ho salutato Emilio Segrè quando è partito per l'America. Ho patito i lunghi giorni in cui Lev Landau è rimasto in ospedale ma sono stato ripagato dalla sua seconda vita.

Ma che emozione l'incontro con Obama e con la sua visione della vita. Forse la lettura che mi ha dato più ottimismo di sempre. Perchè certe cose non sono banali e la sola idea che un uomo le possa pensare ti rende felice.

E chissà quanti viaggi ancora ho fatto di cui ho perso memoria adesso. Ma posso sempre andare a ricercarli: basta prendere un libro, una delle cose migliori che l'uomo abbia mai prodotto.

martedì 11 settembre 2012

le vere priorità

I nodi prima o poi vengono al pettine.

Cominciamo a vedere gli effetti della mitica riforma Gelmini. Oggi ho partecipato ad una riunione del mio dipartimento nel quale è stata illustrata la nuova organizzazione dell'Università, diciamo la linea di comando.

Ecco io non ho capito nulla, tra commissioni, aree, responsabili, direttori, rappresentanti, consigli di dipartimento, senato accademico, nuovi regolamenti, strutture "strutturate" (cito testuale) l'organizzazione della nostra Università è un mostro atroce. Un matrimonio sconcio tra esigenze politiche, equilibri, esigenze nobili o meno.

Alla fine qualcuno dei docenti, quei docenti che all'epoca dell'approvazione della legge erano stato così timidi, così filogovernativi, così ministeriali, si sono resi conto che è tutto un gran casino.

E allora si rimedia all'italiana. Se aboliscono le facoltà le sostituisco con un consiglio d'area, se non posso chiamarlo preside, lo chiamo presidente. Perfino il bilancio adesso si chiama budget, che dice l'Accademia della Crusca?

Non c'è nulla da fare, la natura insegna che i sistemi che funzionano sono quelli semplici, le equazioni giuste sono sempre eleganti, perfino banali. Ma nella patria di Machiavelli possiamo pensare di fare un riforma che metta al primo posto il buon funzionamento? Figuriamoci. La stella polare è il potere, il resto mancia.

Ah già, mancano i soldi per le riviste scientifiche tra l'altro, ma in fondo... chiedete ad un collega che lavora all'estero di mandarvi gli articoli che vi servono no?

Non scherziamo, i problemi non sono questi ma se qualcuno siede o no in questo o quel consiglio. 

giovedì 6 settembre 2012

Le vere distanze

Sono tornato dal Giappone e mi sono reso conto (Lapalisse un dilettante) che le vere distanze non sono quelle chilometriche, ma culturali. Si può raggiungere il paese del sol Levante in 12 ore ma in 11 giorni non lo si riesce a capire (e ne' a farsi capire ahimè).

Sono rimasto sorpreso e stupito da molte cose. Anzitutto la mancanza di interramento dei cavi elettrici, gigantesche matasse di filo sospese per aria, con i trasformatori della corrente sui pali della luce, qualcosa che da noi già spariva 40 anni fa. Dal paese della tecnologia mi sarei aspettato qualcosa di diverso.

Sapevo che sarebbe stato difficile muoversi e sebbene alla fine non abbia avuto problemi particolari trovo un pò fastidioso che tutte le informazioni che potrebbero servire al turista sono scritte in Giapponese, mentre tutti i segnali di divieto (non entrare qua, non passare là...) sono anche in Inglese.

E poi c'è una grossa crisi economica, c'è stato il disastro del terremoto e dello tsunami, quello nucleare, hanno avuto un crollo del turismo estero, tanto che quando ti vedono qualcuno che parla inglese ti ringrazia di essere venuto, e che fanno? I templi che sono la principale attrazione chiudono alle 17!! E i ristoranti? Alle 21!

E poi anche qua, tolti quelli turistici dove si può trovare il menù in vetrina sotto formaldeide, quelli veramente giapponesi hanno tutto scritto nella loro lingua, nemmeno una figurina!

C'è poi qualcosa che mi è mancato da morire, la possibilità di consumare frutta. Ha dei costi astronomici.
Mi chiedo poi cosa abbia determinato l'affermarsi delle bacchette sulle forchette, per carità dopo un pò ci si abitua, ma perchè?

Insomma, per me che mi sono sempre sentito cittadino del mondo e dovunque sia andato ho trovato qualcosa che mi intrigasse devo dire che questa volta ho avvertito invece la diversità, la lontananza tra i due mondi. E credo che ciò sia assolutamente scontato perchè non si può colmare una tale differenza in così pochi giorni.


martedì 28 agosto 2012

Marcia indietro

Se ne va uno dei pionieri dell'astronautica di tutti i tempi. Il primo uomo a camminare sulla Luna. Sono nato l'anno dopo quell'impresa e la considero a tutt'oggi la più magica pagina della storia dell'umanità.
La sintesi di un decennio incredibile, segnato da nobili ideali e tragiche realtà, l'omicidio dei Kennedy, di Martin Luther King, la guerra del Vietnam, lo scioglimento dei Beatles!
Quell'impresa che rimane ancora oggi un capolavoro di creatività e avventura è stato per me l'apice del genere umano, lo spartiacque tra una cultura pionieristica, ardimentosa, avventurosa e un ripiegamento all'indietro che da lì in poi è iniziato. Le crisi del petrolio, le guerre locali, la mancanza di un ideale che non fosse il guadagno o la sopraffazione dell'altro, sono state da allora la stella cometa della nostra umanità. Chiamerei la mia generazione e tutte le seguenti quelle del costo, nel senso che tutto ha un costo, tutto è una spesa e nulla un investimento.

Ma solo io vedo che 40 anni fa eravamo sulla luna, avevamo il Concorde e si andava sopra l'oceano in poco più di tre ore ed oggi ci sono solo aerei lenti che impiegano una vita e per lanciare un uomo nello spazio (non sulla luna) non c'è nemmeno lo shuttle ma solo una capsula russa da Baikonur?

Ah sì parliamo al telefono anche dal bagno e sulle strisce pedonali, ma questo lo chiamiamo progresso? Ci possiamo circondare di tutte le insulse cose materiali che la pubblicità ci propina, ma resteremo sempre privi di quello spirito che è proprio del progresso, spostare la linea più avanti, girare l'angolo per vedere cosa c'è dietro, per andare là dove nessuno è mai stato prima!
Siamo diventati un gambero che avanza a marcia indietro. 

Penso ad Armstrong e mi chiedo se abbia mai pensato di essere stato un Colombo fallito. Una persona che ha aperto una via ma che poi non è stata più seguita. Se nei miei sogni di bambino ho pensato di fare qualcosa nella vita per spostare quella linea della conoscenza un pò più in là lo devo anche e sopratutto a persone come lui, che ci hanno dimostrato che nulla è impossibile se lo si vuole veramente.

Per questo, grazie Capitan Armstrong.

venerdì 24 agosto 2012

i luoghi della memoria

Ci sono luoghi che restano dentro di noi, posti dove il nostro vivere quotidiano si interrompe per lasciare il posto a pensieri tristi e forse alti. Sono luoghi silenziosi, sacri, sono simulacri della stupidità umana. 

Uno che ricordo è sicuramente Redipuglia, una costola della montagna adibita a tomba di 100.000 persone. Ma forse ancora di più è il cimitero americano a Omaha Beach in Normandia.

Sono stato lì da piccolo e ci sono tornato questo mese, due prospettive diverse eppure un solo pensiero: inutile. 

Diecimila croci, con nome e cognome (ove noto) e una data, quella di morte. Per molti è il 6 giugno 1944 ma tanti sono invece caduti nei mesi successivi. Perchè a dispetto dei film e della storiografia da wikipedia, quello sbarco è durato molti giorni e l'avanzata molti mesi. E tutti questi morti, tutte queste croci, le sofferenze delle famiglie che ancora depongono un fiore su alcune di esse, sono state alla fine inutili. 

E non perchè non servisse liberare l'Europa da quel nazista di Hitler. Ma perchè tutta la sua avventura è stata vana, alla fine i confini d'Europa sono rimasti quelli di prima, un popolo ha vissuto diviso per 50 anni e tutto perchè? Per la cecità dei cosiddetti buoni, per avere imposto condizioni capestro a Versailles e per non essersi resi conto (o averci giocato) di quello che capitava.

Guardando quelle scogliere scoscese, quelle spiagge ampie e senza riparo, penso a quei poveri disgraziati  che sono stati buttati su queste luoghi, penso al panico di coloro che li vedono arrivare, immagino la loro breve vita, l'essere o non essere separato dai pochi centimetri di una traiettoria di un colpo di arma da fuoco. 

Ho cercato quei posti che ricordavo da trenta anni fa. E ho rivisto il tempo scorrere rapido, pensando al tempo di chi non lo ho avuto. Ci sono luoghi della memoria che non andrebbero mai scordati.



giovedì 16 agosto 2012

un milione di miliardi di geni all'opera

Un milione di miliardi! Questa è la cifra che si è vista chiedere una persona che conosco come contributi arretrati dall'INPS.
Lui l'ha presa a ridere ovviamente, ma purtroppo c'è poco da stare allegri. A parte la considerazione che si tratta di una cifra pari a 100 volte il debito pubblico di tutti gli Stati Uniti, mi chiedo come è possibile non notare che si sta mandando un documento dove appare una numero con 15 zeri?? Possibile che è tutto così automatico? 

Nessuno firma, nessuno imbusta? E anche in questo caso è mai ensabile che il software non segnali i casi patologici? Per esempio se un contribuente deve più di 1 milione di euro al fisco possibile che non si accenda una spia rossa da qualche parte? Evidentemente è possibile!

Ma questo è solo un esempio della demenza della pubblica amministrazione. Scorriamo i tagli alla ricerca e scopriamo che l'INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), di recente alla ribalta per la scoperta della particella di Dio, verrà penalizzato più di ogni altro nella spending review.

A parte il fatto che non mi pare sano tagliare ciò che è stato abbondantemente potato, perchè per l'INFN il taglio è del 10% del bilancio? Sono tutti spendaccioni? Non producono nulla? Al contrario, sono tra i migliori! E allora?

Beh qua c'è stato un grande genio all'opera. Consideriamo l'energia elettrica utilizzata da ogni ente di ricerca e dividiamola per il personale. Viene un numero. Secondo i sapientoni del ministero più è alto questo numero più un ente è sprecone. Solo che l'INFN lavora con acceleratori di particelle che consumano certo molta più energia elettrica di qualunque altro strumento di ricerca. Se non consideriamo questa cosa siamo messi male. E' come dire faccio pagare un metallo un tanto al chilo, ma non distinguo se quello è un chilo di stagno o di oro! Complimenti.

Il problema grave è che possono cambiare ministri e governi, ma l'Italia è piena di metastasi, di cancri che si annidano nel pubblico sotto forma di consiglieri, di gabinetti dei ministri, di uffici tecnici per nulla competenti. E sono questi che fanno da filtro tra la realtà e un ministro. Questo è quello che ha portato la mancanza di merito, il clientelismo, il nepotismo. Persone incapaci in posti decisionali. Hai voglia a fare cure draconiane, a tagliare arti ad un paziente infermo. Il problema è che la chemioterapia non si può fare su tutta l'Italia dell'incompetenza. E così teniamoci questi geni all'opera. Ma quanti saranno? Parecchi ma non un milione di miliardi.

martedì 10 luglio 2012

30 anni dopo

11 luglio 1982 e 28 giugno 2012. Sono due date distanti tra di loro trenta anni e legata da una partita: Italia-Germania. Allora si trattava della finale mondiale, oggi della semifinale europea.

Ci sono tante cose che cambiano in un così lungo periodo di tempo, ma una è rimasta uguale: ho visto la partita con mio padre.

Nel 1982 avevo quasi 12 anni ed eravamo a Santa Marinella, in una casa in affitto per il mese di luglio. La TV era un piccolo Grundig a 14 pollici in bianco e nero, come tutte le TV portatili che si mettevano nelle case di vacanza. E davanti a quel piccolo video esultai per il goal di Paolo Rossi che sbloccò il risultato, con l'effetto di essere ripreso da mia madre, e difeso da papà:"se non avesse esultato non sarebbe stato normale", disse.

La tecnologia di casa Cianchi procede sempre un passo indietro. Nell'era dei TV a LCD, a LED, a plasma, dai miei genitori (e devo dire anche a casa mia) regge ancora un vecchio tubo catodico. D'altronde, se funziona perchè cambiarlo?

Anche questa volta eravamo solo lui ed io a vedere la partita, mia madre era intrattenuta da mia moglie. E non posso fare a meno di ripensare a questi trenta anni e come allora avrei detto impossibile rivivere quelle emozioni tanto tempo dopo. Questo lo devo all'Italia dell'europeo 2012. Grazie.

Certo quel campionato del mondo fu irripetibile, una squadra data per spacciata nel girone con Argentina e Brasile che arriva alla finale con la Germania, spreca un rigore e vince 3-1. Ho ancora nelle orecchie il triplice "Campioni del mondo" di Nando Martellini. Non ho provato quella gioia nemmeno nel 2006.

Forse perchè quei campioni erano sì ricchi e privilegiati ma non dei cresi come oggi. Forse perchè si correva di meno e si sorrideva di più, forse perchè i giocatori non sembravano usciti dalla playstation. In qualche modo erano più vicini all'uomo qualunque, non riempivano le pagine dei tabloidi e non ci si curava di chi fosse ad accompagnarli nel dopo gara.

Forse perchè nella partita a carte tra Pertini, Zoff, Causio e Bearzot ci rivediamo un pò tutti noi, una idea di normalità che oggi sparisce in un mondo che distanzia tutto, i giocatori dai tifosi, i politici dalle persone, i dirigenti dai sottoposti.