giovedì 26 aprile 2012

Fine dei giochi

Sabato ho portato al pronto soccorso Lorenzo, frattura scomposta del setto nasale. Con lui sono cinque le persone che giocano a football con me che hanno avuto bisogno di cure mediche. Ora all'inizio poteva essere che fossero infortuni casuali. Che uno si morda la lingua correndo o si tagli il labbro in uno scontro di gioco può capitare in qualunque sport di squadra. Cadere su una mano e fratturarsela o prendere una buca e slogarsi la caviglia possono essere eventi casuali.

Qua no invece. Certo è stata una sfortunatissima contingenza, ma dettata dall'avere accorciato le distanze di sicurezza. Eravamo nati come touch football, ovvero la versione edulcorata del football americano. Appena ti toccano con due mani il gioco si ferma. E' andata bene per parecchio, abbiamo giocato per quasi due anni. Certo qualcuno era finito al pronto soccorso ma, come detto, fatalità.

Poi è successo qualcosa. Forse non ci bastava più essere come un videogioco vivente. Evidentemente siamo diventati un pò troppo bravi per accontentarci. Può darsi che si sia voluto aggiungere un pò di agonismo. Una volta si riceveva il pallone si era toccati e finita lì. Oggi chi prende palla lotta per guadagnare un metro in più, chi difende cerca in tutti i modi di strappare il pallone.

Ma così si diminuisce la distanza di sicurezza e si spiana la strada alla sfortuna. Già c'era stato in passato qualche simil-placcagio, qualche campanello di allarme che poteva far capire che stavamo prendendo un andazzo pericoloso. Poi è capitato questo guaio. E' evidente che la persona che lo ha causato mai e poi mai avrebbe pensato di fare male. Forse tra tutti lui è una delle anime più candide. Però si è fatto forse trascinare da un impeto agonistico che non può appartenere a questo gioco in questo modo.

Se si vuole giocare così bisogna mettersi le protezioni, ma questo diventa un altro gioco. Ogni sabato qualcuno mi diceva: "prima o poi vi fate male" e giù a far capire che no non giochiamo a football americano come quello che si vede in TV, il nostro è touch football. E alla fine sì qualcuno si è anche fatto male!

Ora non vorrei che qualcuno pensasse che ho deciso di non giocare più perché Lorenzo si è fatto male. Parafrasando una frase di un film di Magni "Qua non finisce perché Lorenzo si è fatto male, Lorenzo si è fatto male perché è finita". Ovvero è finito un modo di intendere il touch football. Poichè la freccia della storia va in una sola direzione, so che non si torna indietro. Questo mi pare sia stato un avvertimento forte e chiaro, ignorarlo sarebbe un errore.

E' stata una avventura meravigliosa, una splendida utopia. Iniziata quasi dal nulla e diventata l'appuntamento fisso del sabato. Qualcuno una volta mi disse che viveva una settimana di un solo giorno, quello in cui giochiamo.

Mi sono molto divertito, conservo ricordi meravigliosi (il giorno che ho lanciato 4 passaggi da touchdown per esempio!) e centinaia di fotografie. Ho imparato moltissimo da tutte le persone con cui sono venuto in contatto. La cosa più importante di tutte è che se si vuole imparare qualcosa, se si vuole migliorare non è mai troppo tardi. E che trovare persone che ti stimolano, che ti incitano a fare meglio, è impagabile.  Per questo ringrazio veramente tutti quanti, tutti questi ragazzi che mi hanno fatto sentire un ragazzo, uno di loro.

Grazie di vero cuore, e a chi vuole continuare auguro di divertirsi ma anche lo invito a riflettere su come cambiare per evitare di farsi male.  

mercoledì 18 aprile 2012

Nel fango del Dio Pallone

E' morto un paio di giorni fa l'autore di questo libro. A molti il nome non dirà nulla, anche io l'ho conosciuto quando ho visto il film "centravanti nato", basato appunto sul libro e sulla storia di questo giocatore.
Diciamocelo francamente. Nella vita di Petrini non c'è nulla da salvare. E' stato un giocatore di Serie A (Genoa, Milan, Torino, Roma tra le altre...), un pò "addizionato" come si direbbe oggi, ovvero ha fatto uso pesantemente di doping. Ha falsato il risultato di molte partite vendendosele e scommettendoci sopra, fino allo scandalo del calcio scommesse nel 1980. Si è poi legato con personaggi di ambienti poco raccomandabili. Avendo poi maturato debiti verso di loro e temendo per la sua vita si è dileguato. Non tornando neppure per salutare suo figlio, morto ventenne per un male incurabile senza avere rivisto il padre. Padre che ha sua volta ha passato da cieco e con molte neoplasie in corso gli ultimi anni della sua tormentata esistenza. Ed allora perché mi interessa Petrini se era un tipo così atroce? Un egoista, un mani bucate, belle donne e macchine sportive?
Perché quello che racconta nel tramonto della sua vita è così dirompente, così atroce, così misero, che non si può tacere.

Racconta di quello che le squadre davano ai propri atleti prima delle partite negli anni 60, racconta dello studio del ministero della salute sui calciatori di serie A tra il 1960 e il 1980, che hanno contratto tumori con una frequenza superiore del 30% a quella delle persone normali.

Parla delle partite concordate, delle scommesse clandestine. Di Bologna Juventus del 1980 dove tutti erano d'accordo, del ruolo di Dossena, di Colomba, di Bettega, di Brio, di Trapattoni. Dei 70 milioni che lui offrì, mandato da Boniperti, al testimone chiave dell'accusa contro la Juve, Cruciani, per non andare a testimoniare. Racconta di come fregavano gli esami antidoping.

Fu il primo a parlare anni fa della morte di Bergamini, calciatore dato per suicidato, e che solo una inchiesta recente ha finalmente accertato che è stato ucciso.

Ecco tutto il fango del calcio lui lo ha visto, lo ha vissuto. E in quel fango ha prosperato finchè non vi è affogato. E' stato uno di quelli che ha ingannato, preso in giro le persone che lo pagavano per giocare, i suoi tifosi. Ha mentito ai sogni dei bambini che pensavano di vedere delle partite e invece erano delle combine. Un po' quello che capita oggi.

Ed è un peccato. Perché è bello condividere uno sport di squadra, è bello andare a vedere una partita ed esultare quando segna la tua squadra. E' bello fare festa anche con chi non conosci, giusto per un momento, per una gioia effimera. Quando questa gente si vendeva, e si vende ancora, le partite, svende anche la passione dei suoi sostenitori e le aspettative dei bambini.

Nell'ultima scena del film febbre a 90' (tratto dall'omonimo libro di Hornby, un pò liberamente devo dire...) il protagonista mette un confine, un giorno in cui la sua storia si divide da quella della sua squadra. Per me è stato molto tempo fa. Saranno dieci anni che non vado allo stadio, ne' conto di farlo. Vedrò al massimo 1 o 2 partite l'anno della mia squadra.

In "Tormento ed estasi" Michelangelo va a bere in una osteria. Ma sputa subito il vino perché fa schifo. L'oste, dapprima indispettito, assaggia e sputa pure lui. Dunque prende la botte la rompe. "Se il vino non è sincero, si butta!!" Ecco questo calcio si può anche buttare.

martedì 10 aprile 2012

Renzo Bossi: l'esempio!

Si è dimesso il rampollo di casa Bossi e ha condito la sua uscita con la solita dose di corbellerie: "Ho dato l'esempio!". Cattivo probabilmente.

Dice Bob Sutton nel suo bellissimo libro "il metodo antistronzi" che anche nel gruppo più virtuoso è necessario quello che lui chiama "lo stronzo di esempio". Ovvero qualcuno che possa essere additato come esempio negativo, da non seguire.

In effetti qui siamo di fronte ad un campione di questa categoria. In un mondo dove rilasciano a tutti un diploma, vieppiù se figli di qualcuno, lui ha fallito molte volte prima di riuscire nell'impresa. Certo a Renzo non potrebbe mai capitare di doversi dimettere, come successo ad alcuni politici europei, per avere copiato la tesi di dottorato. Immagino non sappia di cosa si tratti. Come del resto la maggio parte degli uomini politici nostrani!

Finché questo mostro di ignoranza guadagnava 12.000 euro al mese poteva essere almeno da esempio per il bambino ritardato del famoso sketch di Benigni. Il povero ragazzino vedendo il TG4 di Fede, veniva rincuorato dalla mamma. Se ce l'aveva fatta Emilio...Abbiamo perso anche questo!

Ma non ci ha voluto lasciare senza un'ultima dichiarazione: "C'è un clima di caccia alle streghe", ignorando (questa parola gliela scriverei sulla T-shirt!) che le poverette che venivano considerate streghe erano innocenti.

Lui no!





venerdì 6 aprile 2012

To boldly go when no man has gone before

Ho visto ieri una foto del presidente Obama con Nichelle Nichols, il tenente Ohura delle serie storiche di Star Trek. Il presidente si è fatto ritrarre mentre saluta alla maniera di Spock, lunga vita e prosperità.

Non è stato un incontro casuale, la Nichols è stata una delle prime protagoniste di colore dei serials americani e addirittura ha dato il primo bacio interrazziale della storia della TV americana.

Il capitano Kirk (alias William Shatner) si esibisce in indecorosi spettacoli per ricordare i tempi che furono (trovai una locandina a Lahaina nell'isola di Maui, grande palcoscenico...) e sia il buon De Forest Kelly (dottor McCoy) che James Dohan (Scotty) sono già passati a miglior vita. Il mitico George Takei ha fatto outing ed è un paladino delle cause omosessuali.

Ma sebbene possa sentirmi legato agli attori lo sono senza dubbio ai loro personaggi. La saga di Star Trek è stata per me, e per molti, un modello anche sociale. La filosofia di Gene Roddenberry, il creatore, permea tutta la serie. La violenza è l'estrema risorsa, la non interferenza è la regola d'oro. E' un mondo dove il denaro non esiste e il razzismo è confinato a qualche facinoroso, sempre però contro gli alieni.


File:USS Enterprise NCC-1701.jpgLa serie originale non si avvaleva di incredibili effetti speciali, anzi. La strumentazione dell'enterprise, un piccolo modellino che oggi fa sorridere, è tutta analogica. Siamo alla fine degli anni 60 e sulla terra reale i computer utilizzano le schede perforate. Però i protagonisti parlano alle macchine, qualcosa che noi oggi proviamo a fare con risultati piuttosto incerti con i programmi di voice recognition.

E poi come non ricordare il teletrasporto! Il sogno di ogni viaggiatore. Per la cronaca il primo teletrasporto di un fotone è stato realizzato una decina di anni fa al dipartimento di Fisica della Sapienza di Roma. Ma trasportare qualcosa di materiale...beh mi sa che non si può fare.

Il mondo è pieno di Trekker, appassionati che si vestono come i personaggi del telefilm ed evadono dalla quotidianità pensando di essere il Capitano Kirk o il primo ufficiale Spock. Senza arrivare a quegli eccessi devo dire che Star Trek ha rappresentato molto nella mia vita. L'ironia garbata, la battuta pronta, il senso del giusto dei protagonisti, il loro fare squadra, mi hanno aiutato a crescere.

Ma sopratutto Star Trek rappresenta forse l'ultimo avamposto della cultura pioneristica del 1900, "l'arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima" (To boldly go when no man has gone before)

E quando pensi che proprio Obama ha tagliato il bilancio della Nasa, che lo shuttle non volerà mai più e che ricorrono i 40 anni dell'ultimo viaggio sulla luna, ti rendi conto che proprio questo spirito manca oggi. Una umanità che si richiude in se' stessa invecchia e muore.


domenica 1 aprile 2012

Giorgio

Accidenti è morto Giorgio Chinaglia. Da molti anni non seguo più il calcio in modo assiduo. Un pò gli scandali, un pò la quasi certezza che molto viene deciso lontano dai campi di gioco, un pò un senso di schifo per dei giocatori strapagati che non provano nemmeno ad essere di esempio in qualche cosa per i molti giovani che li idolatrano.

Ma non posso non rimanere indifferente alla morte di Chinaglia. Per un ragazzino che aveva 4 anni al tempo del mitico scudetto della Lazio e che è cresciuto con il mito di questo grande centravanti questa notizia mi riporta indietro nel tempo.

In un tempo in cui non sapevo che questo uomo era bravo in campo ma un mezzo delinquente fuori, e che si coricava con una pistola pure in ritiro con la squadra. Anzi proprio con i compagni aveva l'insana passione delle armi che costò la vita a Re Cecconi.

Era quello che tirava così forte che sfondava le reti, era il campione che ci aveva fatto grandi, elevando una perdente storica a grande squadra. Era colui che era andato a fare fortuna in america e che come uno "zio d'america" era così venerato.

Tornò negli anni 80 per prendere la società e già solo il suo ritorno accendeva le nostre speranze. Aveva tanti torti ma anche una grande passione per questa squadra e questa maglia. Era un maleducato, uno spaccone, uno che si giocò la Nazionale per avere mandato a quel paese il ct Valcareggi.

L'episodio più "edificante" che ricordo è alla fine di un Lazio Udinese. Il pareggio dei friulani arriva al 90', grazie ad una direzione di gara oscena dell'arbitro, Menicucci mi pare. Punizione inesistente, arbitro che trattiene il giocatore laziale in barriera mentre salta e goal in solare fuorigioco. 2-2. Non c'era la TV, c'era la radio però. Che raccontava che Chinaglia (presidente del club) entrò in campo con l'ombrello e cercò di percuotere l'arbitro. Fu squalificato. A distanza di tanti anni posso dire che, rivedendo quelle immagini, aveva fatto bene. Nel calcio c'è un tale odore di marcio...

E la gente lo amava e credeva in lui. Sampdoria-Lazio 2-0 alla fine del primo tempo. Il tecnico Juan Carlos Lorenzo decide di far cambiare la maglietta al portiere Orsi, il colore non portava bene. Finisce 2-2. E vicino alla radiolina che trasmette il goal, il marito della cugina di mamma non grida goal, grida "Giorgio!!!" e ci dice:"dovete crederci anche voi in Giorgio", come fosse una religione.

L'avventura fu breve e non andò a buon fine. Da  lì in poi inizia il declino, anche nella visione di un adolescente laziale. Prima si buttò in politica, e poi alla fine si legò con dei figuri poco raccomandabili per scalare la Lazio. Ottenendo due mandati di cattura e un esilio dorato in Florida.

Direi che il pubblico lo ha amato perchè era irriverente, perché un giorno prese a calci nel sedere D'Amico, grande classe ma anche culo pesante, perché fu l'unico nei Cosmos che si permise di criticare Pelè.

E' stato un grande giocatore in campo e un pessimo uomo fuori. Le due cose spesso non vanno d'accordo. Eppure mi mancherà, forse non tanto lui, ma il ricordo di quei tempi.