domenica 30 settembre 2012

Il capitale di Harry Potter

La scorsa settimana mi sono incontrato con un ragazzo che è partito l'altro giorno per fare il dottorato a Cambridge. Laureato in Biologia, lavorerà presso uno degli istituti migliori del mondo, quello dove hanno scoperto il DNA per intenderci e dove sono piovuti ben 29 premi Nobel.

Alessandro è stato sempre un entusiasta, pure quando giocavamo a football era lui uno dei fomentatori principali. Ha lottato molto per avere questo e alla fine ci è riuscito. Sono sicuro che farà bene. E chi pensa che sia il solito secchione nerd, beh non potrebbe sbagliare di più.


La parte più affascinante, se vogliamo, sono i riti della vecchia Inghilterra. La toga nera, il ricevimento con tutti i docenti, l'alzabandiera del college, il colloquio con il reverendo, l'introduzione al club. Insomma un pò Harry Potter e un pò l'attimo fuggente.

Come al solito ponti d'oro, stanza nel college, ufficio per lavorare, portatile in dotazione etc etc. Mi diceva che qua a Roma sono un gruppo da 10 persone, ma hanno solo 6 sedie e quando ci sono le riunioni quattro di loro devono rimanere in piedi!

E' abissale la differenza tra questa categoria di persone e quelle che usurpano le posizioni di potere da noi, nella politica e nell'Università. Infatti i primi vanno all'estero per cercare di uscire dalla penombra a cui li condanniamo. Gli altri invece...

E' difficile fare arrivare ai giovani il messaggio che esiste la cultura scientifica e che è  divertente passare la vita a ricercare molto più che giocare con un iphone. Certo è più faticoso, ma enormemente più appagante.

E se per Harry Potter il suo capitale è la magia, mentre lo guardavo pensavo alla sua ricchezza, quella vera, che secondo me consiste nella conoscenza e nell'avere un carattere intraprendente, qualità che non gli mancano.

In bocca al lupo Ale.

mercoledì 26 settembre 2012

La generazione del do senza des

E' un periodo fantastico. In questo momento sto vivendo di grandi soddisfazioni sul lavoro, una dietro l'altra. E la prossima settimana andrò a vedere un importante laboratorio vicino a New York. Sono molto felice.

Mi devo far bastare questo, perchè se aspetto una qualunque forma, non dico di riconoscimento, ma almeno non di mortificazione dalla mia Università, possono diventare anziano.

Sto facendo la ricostruzione della carriera. Singolare alla mia età. Però se ci sono voluti 11 anni dalla laurea per vincere un concorso, 3 anni di prova (in quale lavoro sulla faccia della terra sei in prova tre anni dopo 11 di precariato?) e un'altro anno per tutte le formalità burocratiche ecco che si arriva a 15 anni.

E qui le brutte notizie sono come le ciliegie. Non mi riconoscono 3 anni e mezzo come ricercatore di un ente di ricerca, solo perchè il contratto era a tempo determinato. Se fosse stato indeterminato non avrei fatto un altro concorso no? Ma la cosa incredibile è che negli anni 80 questo contratto sarebbe bastato per entrare all'università, senza concorso, ope legis si chiama. Dunque...

Pazienza ci ho fatto una croce sopra. Adesso con molta fatica ho ottenuto la documentazione dal Fermilab, un laboratorio americano dove sono stato nel 1997. Si può immaginare cosa sia stato, persone andate in pensione, transizione cartaceo-digitale. Oggi mi è stato chiesto se veramente, ma veramente avevo voglia di usare questo periodo. Perchè?

Perchè l'Università non accetta questo certificato, ma deve scrivere al ministero della Istruzione, che scriverà a quello degli esteri, che contatterà il consolato e quindi il Fermilab. Dopo la risposta, il consolato ripasserà per il ministero e poi prima di tornare all'Università servirà anche un parere del CUN (Consiglio Universitario Nazionale). Quanto ci vuole? DUE ANNI!! Ora secondo me, tutta questa manfrina è fatta per scoraggiarti. Lascia perdere.

Credo che dovrebbe esistere un rapporto più leale tra l'istituzione e le persone che la animano, considerato che queste persone tengono anche dei corsi che non sono retribuiti, lavorano senza orari e lo fanno non per lo stipendio (che non sarebbe mai sufficiente) ma perchè credono in qualche cosa, in quello che fanno, nel valore della cultura, della ricerca e della formazione universitaria.

Invece l'istituzione non crede in noi, per come ci mortifica di continuo, relegandoci prima in un precariato che ci rende un sottoproletariato culturale e poi tenendoci con bassi salari e non riconoscendo il nostro contributo alla didattica ne' in termini di carriera, ne' economici. Infine cercando in ogni modo di negare anche quel poco che ci spetterebbe di diritto.

Noi siamo la generazione del do, il des se lo sono scordato!

domenica 23 settembre 2012

un libro un viaggio

E' la settimana internazionale del libro. Questo mi ha fatto pensare a quanto sono stati e sono importanti nella mia vita i libri. Ho vissuto mille vite solo grazie al fatto di averli letti.

Ogni volta si apre un buon libro si è rapiti dall'autore, trasportati in luoghi e tempi non accessibili altrimenti, un viaggio impalpabile, eppure pieno, coinvolgente. Un allargamento della nostra anima che si stacca da un presente che scolora man mano che il libro avanza.

Ho avuto il raro privilegio di colloquiare con i filosofi dell'antichità, anche se alcuni parlavano con un leggero accento napoletano...

Ho avuto la fortuna di seguire dei grandi investigatori nel loro delicato lavoro, Sherlock Holmes, Hercule Poirot, Miss Marple, Il commissario Montalbano e Charitos. Ho la presunzione di dire che alcune volte, se mi avessero ascoltato...avrebbero trovato prima il colpevole.

Sono stato insieme a i pirati a Mompracen, e ho veleggiato con il Corsaro Nero verso Maracaibo.

Ho visto Fermi e gli altri ideare e costruire la bomba atomica, mi sono schizzato di sangue quando ero troppo vicino alla testa di Maria Stuarda, ho ascoltato le confessioni private di Catilina, ho assistito alla costruzione di una vera cattedrale medievale, ho accompagnato i primi coloni americani e ho aiutato a buttare il thè inglese in mare.

Sono stato negli abissi, su fino sul Kilimangiaro, ahimè coinvolto in una celebre rapina al treno (ma l'ho fatta franca...), ho sperimentato un viaggio nel tempo e sono tornato.

Ho preso parte alla prima guerra mondiale, soffrendo là nelle trincee, ma essendo anche un silenzioso testimone delle decisioni di chi contava. Ho visitato l'Italia dei comuni e delle Signorie, della riforma e della controriforma, dei notabili, ma sopratutto l'Italia più bella, quella del Risorgimento! Purtroppo non ho potuto fare nulla per salvare Matteotti. Però ho attraversato la seconda metà del 900 con la famiglia NOI e ho goduto dell'italia del boom.

Ho viaggiato nello spazio, sulla luna poi sono stato tante volte, su marte certo, ma anche sugli oceani di venere e su una miriade di pianeti sparse nelle varie galassie. Ho assistito alla nascita dell'impero galattico, e allo sviluppo dei Robot.

Ho visto le pietre, toccato la spada e incontrato il primo re di Shannara. E che dire poi dell'Apocalisse? Bastava un nulla, un soffio, ma l'abbiamo evitata!

Ho aiutato Feymann nel suo divertimento preferito, aprire le casseforti di Los Alamos e ho salutato Emilio Segrè quando è partito per l'America. Ho patito i lunghi giorni in cui Lev Landau è rimasto in ospedale ma sono stato ripagato dalla sua seconda vita.

Ma che emozione l'incontro con Obama e con la sua visione della vita. Forse la lettura che mi ha dato più ottimismo di sempre. Perchè certe cose non sono banali e la sola idea che un uomo le possa pensare ti rende felice.

E chissà quanti viaggi ancora ho fatto di cui ho perso memoria adesso. Ma posso sempre andare a ricercarli: basta prendere un libro, una delle cose migliori che l'uomo abbia mai prodotto.

martedì 11 settembre 2012

le vere priorità

I nodi prima o poi vengono al pettine.

Cominciamo a vedere gli effetti della mitica riforma Gelmini. Oggi ho partecipato ad una riunione del mio dipartimento nel quale è stata illustrata la nuova organizzazione dell'Università, diciamo la linea di comando.

Ecco io non ho capito nulla, tra commissioni, aree, responsabili, direttori, rappresentanti, consigli di dipartimento, senato accademico, nuovi regolamenti, strutture "strutturate" (cito testuale) l'organizzazione della nostra Università è un mostro atroce. Un matrimonio sconcio tra esigenze politiche, equilibri, esigenze nobili o meno.

Alla fine qualcuno dei docenti, quei docenti che all'epoca dell'approvazione della legge erano stato così timidi, così filogovernativi, così ministeriali, si sono resi conto che è tutto un gran casino.

E allora si rimedia all'italiana. Se aboliscono le facoltà le sostituisco con un consiglio d'area, se non posso chiamarlo preside, lo chiamo presidente. Perfino il bilancio adesso si chiama budget, che dice l'Accademia della Crusca?

Non c'è nulla da fare, la natura insegna che i sistemi che funzionano sono quelli semplici, le equazioni giuste sono sempre eleganti, perfino banali. Ma nella patria di Machiavelli possiamo pensare di fare un riforma che metta al primo posto il buon funzionamento? Figuriamoci. La stella polare è il potere, il resto mancia.

Ah già, mancano i soldi per le riviste scientifiche tra l'altro, ma in fondo... chiedete ad un collega che lavora all'estero di mandarvi gli articoli che vi servono no?

Non scherziamo, i problemi non sono questi ma se qualcuno siede o no in questo o quel consiglio. 

giovedì 6 settembre 2012

Le vere distanze

Sono tornato dal Giappone e mi sono reso conto (Lapalisse un dilettante) che le vere distanze non sono quelle chilometriche, ma culturali. Si può raggiungere il paese del sol Levante in 12 ore ma in 11 giorni non lo si riesce a capire (e ne' a farsi capire ahimè).

Sono rimasto sorpreso e stupito da molte cose. Anzitutto la mancanza di interramento dei cavi elettrici, gigantesche matasse di filo sospese per aria, con i trasformatori della corrente sui pali della luce, qualcosa che da noi già spariva 40 anni fa. Dal paese della tecnologia mi sarei aspettato qualcosa di diverso.

Sapevo che sarebbe stato difficile muoversi e sebbene alla fine non abbia avuto problemi particolari trovo un pò fastidioso che tutte le informazioni che potrebbero servire al turista sono scritte in Giapponese, mentre tutti i segnali di divieto (non entrare qua, non passare là...) sono anche in Inglese.

E poi c'è una grossa crisi economica, c'è stato il disastro del terremoto e dello tsunami, quello nucleare, hanno avuto un crollo del turismo estero, tanto che quando ti vedono qualcuno che parla inglese ti ringrazia di essere venuto, e che fanno? I templi che sono la principale attrazione chiudono alle 17!! E i ristoranti? Alle 21!

E poi anche qua, tolti quelli turistici dove si può trovare il menù in vetrina sotto formaldeide, quelli veramente giapponesi hanno tutto scritto nella loro lingua, nemmeno una figurina!

C'è poi qualcosa che mi è mancato da morire, la possibilità di consumare frutta. Ha dei costi astronomici.
Mi chiedo poi cosa abbia determinato l'affermarsi delle bacchette sulle forchette, per carità dopo un pò ci si abitua, ma perchè?

Insomma, per me che mi sono sempre sentito cittadino del mondo e dovunque sia andato ho trovato qualcosa che mi intrigasse devo dire che questa volta ho avvertito invece la diversità, la lontananza tra i due mondi. E credo che ciò sia assolutamente scontato perchè non si può colmare una tale differenza in così pochi giorni.