domenica 21 maggio 2017

Effetto collaterale

Adesso che per qualche giorno si parla di felicità, perché è il tema dell'ultimo film di Veltroni, mi chiedo se in realtà il nostro modello di sviluppo non sia ortogonale alla felicità.

Ora ci sono pochi dubbi che la felicità sia come l'araba fenice, che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa (ok per i puristi la citazione è Don Alfonso in Così Fan Tutte e parla della fede delle femmine, ma mi sembra più calzante la felicità).

In realtà la sensazione più diffusa nel nostro tempo è l'infelicità, che spesso è sinonimo di insoddisfazione. Ma questo mi pare un effetto collaterale del nostro modello di sviluppo.

Il consumismo ci ha abituato a consumare, ad avere in continuazione qualcosa di nuovo, di più bello, più moderno, più funzionale. Una rincorsa continua. Basata sul possedere.

Guardiamoci intorno. Siamo più sani, meglio alimentati, abbiamo una vita più lunga, siamo circondati di comodità. Eppure nonostante questo non ci sentiamo felici. Anzi siamo arrabbiati, rancorosi, egoisti.

Basta scorrere dei commenti su Internet per scoprire una casistica dei peggiori sentimenti umani, l'invidia, il livore, il menefreghismo, solo per citarne alcuni.

Gli antichi, Seneca ed Epicuro per esempio, sapevano che la felicità non è l'avere, è l'essere. Noi non vogliamo essere delle persone migliori, dei mariti migliori, dei cittadini migliori. Vogliamo solo avere: il nuovo telefonino, la nuova auto, la nuova TV schermo curvo.

Come dice Fromm persino il matrimonio è diventato un possesso. Dal sono felicemente sposato di un tempo all'odierno: ho un buon matrimonio.

Un sistema, per che per sua legge fondatrice ha l'usa e getta ci condanna ad una rincorsa infinita. Ci distoglie dalla vera felicità, che è fatta invece di cose minime, che si alimenta di sorrisi e sguardi e cresce nei cuori delle persone serene.

E alla fine rischiamo di commettere come dice Borges il peggiore dei peccati, non essere stati felici!

Ci avevate mai pensato?

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